Paola Clemente avrebbe potuto sopravvivere con un intervento rapido di soccorso e con l’attivazione di tutte le procedure tempestive che ne potevano scongiurare la morte. E’ quanto sostenuto dal procuratore Bertone davanti ai giudici della Corte d’Appello di Bari dove è in corso di svolgimento il processo di 2° grado sulla morte della bracciante tarantina deceduta il 13 luglio 2015 a 49 anni nelle campagne di Andria dove stava lavorando a causa di un infarto. L’accusa ha chiesto la riforma della sentenza di assoluzione di primo grado dell’imprenditore agricolo Luigi Terrone accusato di omicidio colposo. Il procuratore Bertone, nella sua arringa, ha voluto ricordare che non si sia trattato di un infarto fulminante e, quindi, se anche ci fosse stata una minima possibilità di sopravvivenza questa sarebbe potuta esserci con il giusto tempismo e corretti interventi.
Una tesi che, tuttavia, non è stata accolta dal giudice di primo grado che nelle motivazioni ha riconosciuto alcune variabili nell’evento mortale ma non le ha considerate attive per portare poi al decesso della donna nelle campagne andriesi. Alcune misure di primo soccorso furono praticate a Paola Clemente quando ci si rese conto della gravità della situazione ma, purtroppo, non furono sufficienti anche perchè probabilmente messe in atto da persone che non erano deputate a questo.





































