«C’è un problema fondamentale che sia la politica che la società civile continua a sottovalutare: il fatto che non si fanno più figli. Questo è vero per l’Italia intera, ma soprattutto per la Puglia. Dobbiamo abbandonare l’idea che al Sud la natalità sia più alta che al Nord che per tanti anni ci ha cullato: purtroppo non è più così!». Interviene così, in una nota, il consigliere regionale capogruppo di “Emiliano Sindaco di Puglia”, Sabino Zinni.

«Ce lo dicono chiaro e tondo i dati Istat raccolti e messi in risalto dal Forum delle Associazioni Familiari: la Puglia ha fatto registrare nel 2018 solo 28.921 nuovi nati, ossia nella nostra regione il numero di figli per donna è di 1.25 (contro una media nazionale dell’1.32). Dal 2011 il numero dei morti pugliesi supera quello dei nati; nel 2018 il saldo naturale negativo è stato di 2000 unità circa. La conseguenza è una riduzione della popolazione dell’1.02%, con un picco del 5,9% nella fascia d’età tra gli zero e i 14 anni. I nuovi nati sono stati l’8.4% in meno rispetto agli anni precedenti.

L’età media delle donne pugliesi al primo parto sfiora ormai i 32 anni e viene procrastinato sempre più da parte delle coppie il momento di metter su famiglia; ciò comporta inevitabilmente l’incremento di quelle senza figli o con figlio unico.

Ma come mai succede questo? Non giriamoci intorno, alla base di questo fenomeno non c’è alcun decadimento morale o presunto passaggio generazionale, il problema è prevalentemente economico: fare figli, in Italia, rende più poveri. A volte estremamente poveri. Ancora una volta a confermarlo ci sono i dati:  l’incidenza della povertà assoluta è del 9.2% per le coppie con due figli e sale al 15.45% per quelle con tre e più figli; la povertà relativa invece è del 18.8% nelle coppie con due figli e di ben il 27% per quelle con tre o più figli.

Ecco che di fronte a uno scenario simile, compito della politica – di quella politica che per una volta vuole guardare oltre la stretta quotidianità – è adoperarsi per invertire questa tendenza infausta. Non è impossibile, in Germania e in Francia ci sono riusciti, in questi Paesi il numero di nuovi nati è tornato a crescere. Per questi motivi credo che sia più che mai necessario un Piano pluriennale regionale di Politiche Familiari, come chiesto dalla Conferenza regionale sulla Famiglia nel novembre 2018.

Le proposte ci sono e spero possano presto diventare fattuali. Ovviamente, nel limite delle mie competenze, mi adopererò perché ciò avvenga. Spero inoltre che questa battaglia non venga avvertita come una battaglia meramente cattolica, perché non lo è affatto. È una battaglia che riguarda il futuro della nostra Regione e del nostro Paese, un problema di tutti indiscriminatamente, o perlomeno di chiunque ritenga che la vita sia un valore da difendere al di là di qualunque differenza culturale o religiosa».