Gilbert Keith Chesterton, scrittore e intellettuale inglese del secolo scorso, scrisse “Le fiabe non insegnano ai bambini che i draghi esistono, loro lo sanno già che esistono. Le fiabe insegnano ai bambini che i draghi si possono sconfiggere.”

I racconti di fantasia sono grandi metafore per raccontare la verità.

Come il teatro.

Biancaneve, la vera storia – spettacolo nato dalla collaborazione della compagnia Teatro Crest con il regista Michelangelo Campanale e andato in scena a Palazzo Ducale di Andria all’interno della XXI edizione del Festival Castel dei Mondi – non è una rilettura della favola tedesca dei fratelli Grimm ma è esattamente quella.

Nell’immaginario collettivo è chiaro che ha influito molto a modificare le interpretazioni originarie il cinema animato di Walt Disney, il teatro allora ci viene in aiuto per raccontarci la verità.

In quello spazio della scena, dove tutto è finto ma nulla è falso, la vera storia di Biancaneve, ispirata ai fatti realmente accaduti della vita di Maria Sophia Margaretha Catharina von Erthal, nata a Lohr nel 1725 e figlia di un importante magistrato e rappresentante del Principe Elettore tedesco, è la storia un po’ comica e un po’ emozionante, un po’ macabra e un po’ divertente di una bambina coraggiosa in lotta con una madre matrigna e che troverà nel bosco non solo una via di fuga ma soprattutto un’occasione di rinascita.

 

A raccontare tutti i retroscena, Cucciolo, il più piccolo dei nani, figura al confine tra palco e platea, un po’ nano, un po’ autore, un po’ protagonista un po’ narratore.

A questo personaggio mitologico e sopra le righe che ricorda tanto il fool shakepseriano quanto lo stage manager di Thornton Wilder, le scelte drammaturgiche di Crest affidano qualche digressione fintamente buttata lì per errore che racconta altre storie. Perché è sbagliando che si dice la verità. In questo allontanamento dal centro del racconto si intravedono temi importanti come la guerra, lo sfruttamento minorile, la condizione dei genitori, quelli che lo sono e quelli che imparano ad esserlo e il rapporto con i figli, laddove ci sono mamme che accendono le luci e mamme che le spengono.

 

Sono sicuramente altre storie, ma tutte vere e per questo necessitano di essere raccontate, perché è solo crescendo senza bugie che ognuno impara a costruirsi la propria idea sul mondo, la proprio opinione sui fatti, il proprio punto di vista sulla realtà.

La menzogna rende ciechi e muti, predilige il silenzio e il buio dove nascono e vivono i mostri. La verità porta alla luce e allora la notte passa più in fretta perché il buio non fa più paura.

L’incontro del lavoro attoriale e drammaturgico di Crest sul testo originale della fiaba con la regia immaginifica di Michelangelo Campanale, fatta di costumi imponenti, scenografie trasformiste, effetti speciali luminosi e una colonna sonora di altissimo livello che mette assieme senza stonature Mia Martini, I Radiodervish e gli Ashram, porta sulla scena uno spettacolo che è una vera favola con un lieto fine fatto di applausi scroscianti di un pubblico entusiasta.