L’odore acre che penetra nelle narici è ancor ben presente in questa porzione di territorio tra Minervino, Canosa ed Andria. In fiamme tonnellate di rifiuti di ogni tipo accumulati in circa due anni a partire dal 2023 in due grandi cavità utilizzate come discariche a cielo aperto per ecoballe e rifiuti di ogni genere. Un territorio violentato due volte e per cui già ad ottobre 2024, cioè un anno fa, lanciavamo l’allarme: sabato i vigili del fuoco hanno dovuto lavorare duramente e per molte ore per avere ragione delle fiamme che hanno interessato l’intera area mandando in fumo, come detto, tonnellate di rifiuti. Ora sarà compito delle autorità capire se c’è stata la mano dolosa dell’uomo o se è stato un fenomeno naturale. Di certo però c’è il danno ambientale incalcolabile e che a distanza di tre giorni continua a gettare veleno in area e naturalmente per una terra ad alto pregio di coltivazioni alle porte di Minervino Murge ed in cui insistono diverse importanti aziende che si occupano sia di agricoltura ma anche di accoglienza e ristorazione.
Ma quell’allerta che avevamo lanciato prima un anno e poi sei mesi fa non è stato colto dalle autorità competenti visto che quei rifiuti non sono stati messi in sicurezza e rimossi fino all’incendio di sabato scorso. Un’area quella che come testimoniano le immagini satellitari nel tempo è stata utilizzata almeno dal 2023 e per tutto il 2024 come una discarica non autorizzata. Poi c’è stato lo stop, fortunatamente, degli sversamenti, come avevamo testimoniato a maggio anche probabilmente grazie ad alcune importanti operazioni del NOE dei carabinieri di Bari che avevano smantellato una organizzazione dedita proprio al trasporto di rifiuti anche pericolosi dalla Campania alla Puglia. Una situazione più volte denunciata anche dai procuratori della repubblica di Bari e Trani rispettivamente Rossi e Nitti. Ma a prescindere dalle indagini e dalle azioni repressive sarebbe dovuta esserci anche un’azione delle istituzioni per evitare che quei rifiuti finissero in questo modo. Ora c’è da leccarsi le ferite, da contare i danni probabilmente incalcolabili e da verificare come bonificare immediatamente quell’area dove resta ancora oggi quell’odore acre che penetra in modo forse irrimediabile nelle narici.