In occasione della celebrazione del Giorno del Ricordo, che ricorre oggi 10 febbraio, riporto di seguito il messaggio diffuso dal Sindaco Giovanna Bruno.

«Cari amici, i pensieri che ogni anno si esprimono, in ricorrenze come questa, hanno spesso la tentazione di finire nella retorica spicciola. Questo perché, non di rado, si pensa all’argomento della celebrazione come a qualcosa di distante, incapace di suscitare ad ogni occasione un moto nuovo di riflessione e di sentimento. Di suggestione.

Per questo motivo, come accade normalmente nelle nostre abitudini, per sfuggire agli stereotipi facili, c’è un esercizio che ci viene incontro: il ricorso all’empatia. Provare a sentire, con l’aiuto dell’immaginazione, quello che ha potuto sentire, a distanza di molti decenni, l’ignoto a noi protagonista di una vicenda umana.

È il mese di maggio del ’45 e sono una maestra triestina, sono un poliziotto di stanza nel capoluogo giuliano, sono un anziano operaio della città occupata dagli jugoslavi dopo la caduta del regime nel nostro Paese. Non so, non saprò mai perché mi stiano portando in quel posto, poco fuori dalla città. È una bella giornata. Ci legano le mani dietro le spalle, camminiamo ancora un po’. C’è una miniera, dietro un filare di alberi. Ci fermiamo. Poi il buio. Il mio destino è deciso da una pallottola: finisco la mia vita in un buco, trascinata in fondo all’abisso per la sola colpa di essere italiana.

Passerà molto tempo perché dalla Storia emergano tante vicende come questa, di persone uccise per obiettivi strategici, come il voler piantare la bandiera su un pezzo di terra italiana. E non c’entra solo la posizione ideologica: in quella fossa ci caddero tutti. Leggiamo, per esempio, la storia di Carlo Dell’Antonio: un militare di 32 anni che, da eroe della propaganda fascista, lesse e capì il dramma del suo popolo, divenendo un capo della Resistenza cattolica; ugualmente finì nella foiba di Basovizza, perché italiano.

No, non ci sono vittime di serie A e vittime di serie B, anche quest’anno bisogna gridarlo forte. Io lo ripeto sempre, ci credo davvero e temo che qualcuno indugi pericolosamente sul primariato della follia umana. Perché un uomo che uccide un altro uomo è folle. Ieri come oggi. E non ha mai giustificazione alcuna. O attenuanti generiche, o specifiche.

Non ci sono abbastanza analogie per comprendere che anche nelle guerre di oggi i rischi sono gli stessi di ieri?

Le foibe sono ferite aperte, che ci invitano a riflettere sulla lezione della Storia. Non dimentichiamolo. Ed ecco che il Giorno del Ricordo è anche questo».