Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma di Benedetto Miscioscia, Presidente del Laboratorio verde Fareambiente:

«Prendo atto che, dopo diversi anni, da quando sin dal 2001 mi mobilitai per portare all’attenzione delle istituzioni un sito a molti sconosciuto, Italia Nostra abbia organizzato un incontro per discutere della tutela di Monte Santa Barbara. Un sito archeologico tra i più importanti presenti nel territorio di Andria, della cui esistenza si era parlato poco o nulla, caratterizzato da un’antica città posta a 260 metri s.l.m., considerato di alta valenza non solo storico ma soprattutto archeologico e culturale, nei pressi del quale esiste un altro sito, non meno importante,  una vera e propria necropoli, caratterizzato da decine di tombe neolitiche. Parliamo di un’area caratterizzata da una storia ultra millenaria le cui origini vengono fatte risalire addirittura al neolitico ovvero sino a 4.000 anni a.C. interessata da una antica città molto probabilmente distrutta ai tempi della seconda guerra punica culminata dalla battaglia di Canne tra Romani e Cartaginesi nei pressi del fiume Ofanto dal quale dista in linea d’area una decina di chilometri. Una città dimenticata, indicata sulla Carta Peutingeriana con il nome di “Rudas”. Un vero e proprio scrigno storico, archeologico e scientifico che, ricordo ben volentieri, volle visitare anche il compianto Prof. Pasquale Massaro già  Ispettore onorario ai monumenti per nomina del Ministero dei Beni Culturali, nonostante le sue condizioni di salute, oltre all’ing. Riccardo Ruotolo. Il vero rammarico è stato il totale disinteresse seguito a quelle visite, con tanto di ricognizione fotografica di tanti particolari dei luoghi, soprattutto per non aver dato seguito   una ricerca più approfondita attraverso una mirata campagna di scavo così come è stato fatto per la collina  di Monte Sannace a Gioia del Colle. Un rammarico ancora più cocente se si considera che nel 2001, al di là della nota inviata all’allora amministrazione dal Prof. Rodolfo Striccoli titolare della Cattedra di Preistoria e Protostoria presso il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Bari che ebbi il piacere di accompagnarlo per una visita ricognitiva, venne sottoscritta una convenzione tra il Comune di Andria, Politecnico di Bari e Soprintendenza ai Beni Archeologici. Una convenzione che consentì alla Soprintendenza e al Politecnico di elaborare una “Carta Archeologica” dei siti presenti ne Comune di Andria, ben 18 siti, molti di più degli otto denominati di interesse archeologico dal nostro P.R.G.. Un progetto elaborato dalla Soprintendenza nell’ambito del PIS, misura 2.1 sez. B, “Percorsi per il turismo” che dal 2006, prevedeva, tra l’altro, l’avvio di una campagna di scavi archeologici, previa sottoposizione dell’area a vincolo archeologico. Un progetto al quale doveva collaborare anche il nostro Comune con la compartecipazione finanziaria di 36.500 euro da sommarsi al finanziamento di 365 mila euro previsti con il P.I.S. rimasto purtroppo inattuato, nonostante la grande rilevanza storico-scientifica del sito ad altissima concentrazione di reperti di superficie prevalentemente ceramici riferibili non solo all’epoca dauna ma anche ad epoche più antiche. Un’area che continua a rimanere senza vincolo alla mercé della devastazione più totale senza tutela e controllo, con una spianata che contraddistingue la collina, soggetta anche alla coltivazione agricola. Anche per queste ragioni, come rappresentante di un’associazione ambientalista, seppur impedito a partecipare all’incontro tenutosi venerdì sera, non rinuncerò a continuare nell’opera di sensibilizzazione  che meritano sia l’acropoli di Monte Santa Barbara  che la necropoli (sepolcreto) distante alcune centinaia di metri in linea d’area».