No, non c’è silenzio che tenga in questo momento. E lo diciamo con estrema cognizione di causa. Adesso è il momento di parlare, spiegare e soprattutto raccontare quello che sta accadendo nell’aula del Tribunale. Questo è il modo più corretto di commemorare la memoria di quelle 23 vittime del disastro ferroviario che oggi celebra esattamente i sei anni. Anche perché il silenzio, in quel 12 luglio, è proprio l’elemento che è mancato. Il ricordo più nitido di quella mattina è il frinire delle cicale e le urla dei soccorritori che ben presto lasciarono il passo alla compostezza dell’intervento. Quelle immagini, quelle scene, quella memoria, ora, a distanza di sei anni, non ha più bisogno di silenzi. Anzi.

Il processo che vede 17 imputati, tra persone fisiche e la società Ferrotramviaria, è in corso di svolgimento e celebrerà un’altra udienza proprio giovedì prossimo. Lo scorso anno, in occasione del quinto anniversario, in aula si andò anche il 12 luglio. E’ un processo lungo e complesso in cui sono già stati tre i presidenti del collegio giudicante ad essersi alternati. Ci sono migliaia di pagine da studiare, esperti e consulenti da ascoltare. Un processo che, tuttavia, è alle battute finali almeno si spera per quel che riguarda il primo grado. Ultimo consulente e poi ultimi teste da ascoltare prima delle fasi finali del dibattimento.

Abbiamo seguito udienza per udienza in questi praticamente due anni il processo, in tanti hanno imparato cosa c’è dietro ad un viaggio di un treno. La complessità ed allo stesso tempo la semplicità dei meccanismi, delle procedure, delle infrastrutture. Abbiamo capito e parlato di fondi europei, di sicurezza, di piani regionali dei trasporti ma anche di corridoi internazionali. Si è dibattuto sull’interconnessione delle linee ferroviarie regionali con quelle nazionali. Dopo quel maledetto 12 luglio sono cambiate anche le regole nel mondo del trasporto  su ferrovia. E nel frattempo i treni non arrivano ancora ad Andria da ben sei anni, città tagliata fuori da ogni tipo di collegamento che non sia su gomma.

Il prezzo di quel 12 luglio è stato altissimo soprattutto in termini di vite umane ma anche per l’economia e l’ambiente. Quel 12 luglio ha bisogno di risposte, parole e riflessioni e non certo di silenzio.