Otto teste ascoltati su dodici nella prima vera udienza dibattimentale ad otto anni e mezzo da quelle terribili tragedie sul lavoro che portarono, in due occasioni diverse, alla morte di due operai, Antonio Carpini e Cosimo Di Muro, rispettivamente di Andria e Canosa. A marzo del 2012 entrambi erano al lavoro nel torinese per la costruzione di un termovalorizzatore della TRM. Ieri l’udienza al Tribunale di Torino davanti al giudice Barbieri per l’ascolto dei primi testimoni di una vicenda che vede tre persone a processo per gli omicidi colposi mentre per le lesioni ha già deciso la prescrizione. Tante le lungaggini nella fase preliminare che hanno fatto inevitabilmente allungare di molto i tempi del processo per cui i familiari delle vittime chiedono però giustizia. Al termine, l’udienza di ieri, è stata aggiornata al 14 gennaio prossimo per l’audizione degli ultimi testi del pubblico ministero oltre a quelli che restano delle difese. Dovrebbe anche esserci l’esame degli imputati e la contestuale conclusione da parte di pm e parti civili.

Insomma una tanto attesa accelerata per vedere, il prossimo anno, l’approdo ad una sentenza dopo oltre cinque anni di indagine, quattro magistrati coinvolti e praticamente otto anni per far partire il dibattimento. Tra le testimonianze più importanti senza dubbio quella dell’ing. Ventura, docente del Politecnico di Torino e ctu nominato dall’accusa, che avrebbe riscontrato nei rilievi del primo incidente dove perse la vita Antonio Carpini, “l’usura e la non assoluta idoneità delle mensole rampanti su cui gli operatori stavano lavorando”. Nel secondo incidente dove perse la vita Cosimo Di Muro, invece, l’ing. Ventura ha spiegato come vi “fosse un riscontro oggettivo nell’impossibilità dell’operaio di verificare la corretta posizione dei mezzi di sicurezza”.

Importante anche la testimonianza di Antonio Di Muro, teste dell’accusa e operaio di Canosa testimone oculare di entrambi gli episodi, in particolare il secondo dove ha visto morire sotto i propri occhi suo fratello Cosimo. Con lui l’accusa si è concentrata sulla mancanza di formazione degli operatori al montaggio dei casseri rampanti e la mancanza di vigilanza da parte della ditta appaltatrice. Cinque i testi ascoltati del responsabile civile, la TRM proprietaria dell’impianto, che hanno spiegato la posizione dell’azienda rispetto alla sicurezza sui luoghi di lavoro.

“E’ triste verificare che il responsabile civile moralmente continui a voler dimostrare la sua estraneità innanzi ad omissioni gravi che hanno sconvolto la vita di queste povere persone”, ha commentato al termine l’avvocato della famiglia andriese dell’operaio Carpini, Giacomo Lattanzio.

Nel lungo procedimento, lo ricordiamo, c’è già stata una sentenza di assoluzione, quella di Raimondo Montanari il datore di lavoro in seno alla capogruppo delle imprese affidatarie dei lavori per non aver commesso il fatto, mentre due sono stati i patteggiamenti.