Nella giornata di ieri, con il rientro delle tre opere rinascimentali nel Museo Diocesano, la città di Andria ha vissuto una giornata importante paragonabile a quella della inaugurazione del Museo Diocesano.

Infatti, la richiesta delle opere “andriesi” nell’ambito di una mostra di rilevanza internazionale come “Il Rinascimento visto da Sud” evidenzia, qualora ce ne fosse bisogno, come Andria è una città d’arte, come già definita con lungimiranza dallo storico Michele D’Elia.

Si tratta di tre capolavori che erano stati inseriti nel ricco patrimonio artistico che il pubblico ha potuto ammirare in Palazzo Lanfranchi, a Matera, sino allo scorso 19 agosto. Le opere provenienti dal nostro Museo facevano parte della sezione riservata agli scambi artistici tra Venezia, la Puglia e l’Oriente.

Si tratta delle due eccezionali tavole raffiguranti le figure di Cristo e della Vergine. Ciascuna è inscritta entro una mandorla in oro a guazzo a raggi ondulati incisi, il cui effetto luminoso si riverbera naturalisticamente sulle teste di cherubini e serafini. L’autore delle due tempere, sicuramente artista di assoluta maestria, non è documentato. Gli storici dell’arte lo indicano, proprio in relazione a queste due affascinanti opere, come “Maestro d’Andria”, pittore educatosi nell’ambito del Maestro di San Severino e attivo in Terra di Bari nella seconda metà del Quattrocento. In origine sovrastavano l’altare di San Riccardo, nella Cattedrale di Andria. Al tergo erano rivestite da capselle d’argento che custodivano ben 1008 reliquie di santi e martiri. L’altro capolavoro, stavolta di scultura, è il busto marmoreo di Francesco II del Balzo, duca d’Andria, fedelissimo della casa d’Aragona. Un’opera di grande raffinatezza, originariamente collocata nella chiesa di San Domenico ad Andria, a ricordare il generoso sostegno che il nobiluomo aveva assicurato al complesso conventuale domenicano andriese. Nella sagrestia della Chiesa domenicana, il busto sovrastava il corpo mummificato del Duca, ancora presente.

Nella mostra di Matera, le tre opere andriesi, sono state collocate in contiguità, in quanto pare sia stato proprio Francesco II del Balzo a commissionarle. Queste tre opere del Museo Diocesano di Andria, come tante altre, tra cui le splendide opere del veneziano Vivarini, documentano, gli scambi culturali ed artistici vivacissimi, lungo la dorsale adriatica, tra queste terre, Venezia e l’Oriente. Qui, grazie ai porti della Capitanata, della Terra di Bari e di quella d’Otranto (Manfredonia, Trani, Molfetta, Bari…), le relazioni con la Serenissima erano molto forti. Attraverso Venezia veniva veicolata l’eredità dell’antico, ma anche la cultura greco bizantina attestata dall’altra parte del mare.

Come sottolinea il Direttore del Museo, don Giannicola Agresti, è proprio la ricchezza culturale e la raffinatezza delle opere d’arte di Andria, città Ducale, che mostra come, dal Medioevo al Rinascimento, esse non siano episodi occasionali, ma raffinate espressioni artistiche dovute ad una committenza colta e ad un milieu culturale di elevato livello di cui dobbiamo essere orgogliosi. Le opere custodite nel Museo, inoltre, possono costituire un grande volano per lo sviluppo culturale, turistico della nostra città a cui noi tutti dobbiamo partecipare con consapevolezza, anche per i risvolti di carattere economico; anche in questo caso Matera è un valido esempio.

«In definitiva – conclude il Vescovo Mons. Luigi Mansi – attraverso la tutela, la valorizzazione e promozione del Museo Diocesano possiamo approfondire e comprendere le radici della cultura cristiana che ci contraddistingue ed identifica la società occidentale a cui apparteniamo».