Piccoli passi in avanti per un progetto che sino a qualche tempo fa sembrava assolutamente irrealizzabile. Ed invece tassello dopo tassello, ok dopo ok, è arrivato il via libera definitivo del Ministero della Salute per il finanziamento del nuovo ospedale della Città di Andria che servirà anche diverse altre città dell’hinterland della sesta provincia pugliese come Canosa, Minervino e Spinazzola oltre a Corato. Il parere positivo con cui a inizio luglio il nucleo di valutazione degli investimenti ha emanato alcune piccole osservazioni, è stato recepito la scorsa settimana dalla giunta regionale. Adesso, dunque, manca solo la firma sul nuovo accordo di programma che renderà effettivamente disponibili i fondi necessari, circa 318 milioni, per la costruzione di due nuovi ospedali (quello di Andria e quello del Sud Salento), oltre alla ristrutturazione di alcuni plessi del policlinico di Foggia.

Per l’Ospedale di Andria, lo ricordiamo, un nosocomio da 386 posti per un budget da circa 138 milioni di euro, è stata già individuata l’area e cioè quella in contrada Macchie di Rose a pochissima distanza dallo svincolo con l’attuale SP2. A settembre ci potrebbe esser la firma del nuovo accordo di programma e poi bisognerà subito lavorare per la progettazione dei nosocomi. Se tutto procede in modo spedito dovrebbero esser non meno sei o sette gli anni necessari per concludere l’iter e vedere realizzato il nuovo ospedale di Andria. La regione, tuttavia, sta provando ad accelerare disponendo il trasferimento della propria quota parte dell’intervento, circa 16 milioni di euro pari al 5% dell’intervento complessivo, alle ASL di riferimento così da poter consentire rapidamente l’affidamento delle progettazioni esecutive dei diversi interventi.

«Il nuovo ospedale di Andria è un sogno che coltivo dall’inizio di questa legislatura regionale – ha spiegato Sabino Zinni, consigliere regionale, commentando la notizia – e vedere che piano piano sta diventando realtà mi dà una gioia immensa. Dalla politica non ci sono solo brutte notizie – ha concluso Zinni – questo ok definitivo ne è la riprova».