C’era da aspettarselo. Sapevamo perfettamente, e lo abbiamo già scritto, che quando la criminalità uccide dinanzi a bambini e famiglie, nelle serate d’estate, nel centro della vitalità di una città, non si tratta solo di isolati episodi criminosi. Non si tratta di microcriminalità, bensì criminalità organizzata, di associazione di stampo mafioso per dirla con un termine appropriato. E la dimostrazione è arrivata puntuale, un mese dopo quei fatti di sangue. Ancora un agguato, in mezzo alla gente perbene, in una delle zone più popolose della nostra città. Stesso stile, mafioso e schifoso.

La criminalità organizzata agisce così: uccide, si disinteressa dei cittadini, ignora l’invito alla conversione del Vescovo, minimizza l’operato delle associazioni, chiude gli occhi innanzi a cinquemila persone che scendono in piazza. Cinquemila partecipanti della marcia dello scorso 1° Luglio hanno voluto dare un segnale “politico” per le Istituzioni, una richiesta di aiuto alle autorità competenti, l’esternazione di una indignazione diffusa che non può rimanere silenziosa nei cuori di ciascuno, ma va messa insieme e denunciata.

La criminalità organizzata sarà sconfitta solo se tutti diveniamo strateghi del bene, per una “buona battaglia”. Uniti sullo stesso fronte: da un lato le istituzioni, le autorità pubbliche competenti, le forze dell’ordine, la magistratura; dall’altra parte le istituzioni scolastiche ed educative, l’associazionismo civile ed ecclesiale e la società tutta, con azioni culturali in difesa del bene comune, degli spazi pubblici, della legalità e giustizia.

Se il contrasto vero e proprio della criminalità organizzata spetta alla magistratura e alle forze dell’ordine, noi cittadini non possiamo essere desolati spettatori. La società civile deve “fare quadrato” attorno agli atteggiamenti criminosi che ogni giorno si concretizzano sotto i nostri occhi e mai scendere a compromessi con il mercato dell’illegalità e dell’ingiustizia. Denunciamo il racket, il pusher che spaccia sotto casa nostra, il ladro che sta rubando una macchina, il mercato dei pezzi di ricambio riciclati da autovetture rubate e poi commercializzati a basso costo, il fenomeno del cavallo da ritorno, i rifiuti bruciati nel terreno accanto al nostro. E se questo non dovesse accadere, ci riteniamo sin d’ora sconcertati e seriamente preoccupati per il presente e il futuro di questa città.

Ci rivolgiamo al Ministro dell’Interno Matteo Salvini, affinché dedichi dovuta attenzione al fenomeno criminale andriese e pugliese. Vogliamo vivere in una città e in una provincia più sicure! Ci rivolgiamo al Commissario Prefettizio dott. Gaetano Tufariello perché, nei limiti dei poteri che gli sono conferiti per amministrare la città, si unisca a noi nell’alzare la voce, per difendere la nostra amata città da questo assedio ignobile e rovinoso per tutto e tutti. Questo clima rovina il capitale umano andriese e l’economia attrattiva della città. Ci rivolgiamo agli ex amministratori di questa città chiedendo che continuino ad avvertire la responsabilità per il bene comune. Ci rivolgiamo ai politici che sono scesi in strada con noi: cosa potete ancora fare, cosa state facendo per salvare le sorti di questa comunità? Ci rivolgiamo ai politici che verranno, protagonisti della lunga campagna elettorale dalla quale verranno fuori i nuovi amministratori: parlate meno e agite di più, abbiamo bisogno di azioni concrete, non di promesse inutili.
Restiamo tutti dalla stessa parte, a fare il tifo per il bene, a promuovere “sentieri belli e nuovi di legalità”, con azioni concrete, non con parole vuote. Confrontiamoci e costruiamo insieme un futuro migliore per questa città.

Sogniamo di “camminare” per le strade di una città vivibile, sicura. Ad alta voce e a testa alta. Insieme.
E se le nostre voci e teste non dovessero essere più alte e visibili vorrà dire che saremo fuggiti da questa città perché uccisi dalle parole che non incoraggiano la legalità, ma la soffocano.
Morti e sepolti, insieme al sogno di una città migliore.