«Una sentenza lunga e coraggiosa»: così gli avvocati Massimo Chiusolo e Giuseppe De Lucia, definiscono la decisione del Giudice del Tribunale del Lavoro di Bari, Luca Ariola, che ha riammesso all’impiego Alessio Porcelli, capostazione a Corato, in servizio il 12 luglio del 2016, quando sulla tratta Andria-Corato si verificò il tragico scontro tra i due treni delle Ferrovie Bari-Nord, gestiti dalla Ferrotramviaria, che causò la morte di 23 persone e il ferimento di altre 50. Il giorno successivo al disastro, l’Azienda Ferrotramviaria aveva sospeso dal servizio e dalla retribuzione tre dipendenti coinvolti: i due capistazione di Andria e Corato e il macchinista superstite. Il Giudice del lavoro, con la sentenza depositata ieri, ha dichiarato l’illegittimità della sospensione di Porcelli.

Il capostazione aveva impugnato i provvedimenti e chiesto di essere riammesso in servizio, «sostenendo la sua estraneità ai fatti contestatigli, così come aveva già dimostrato in sede penale», affermano i legali. All’esito del procedimento, il Tribunale ha riconosciuto la illegittimità dei provvedimenti aziendali, ed ha conseguentemente ordinato alla Ferrotramviaria spa la immediata riammissione in servizio del lavoratore, nel suo posto di lavoro. Il Giudice ha anche annullato il provvedimento di sospensione dalla retribuzione e quindi ha condannato la Ferrotramviaria spa al pagamento in favore del ricorrente di tutti gli arretrati maturati. La linea difensiva seguita dai legali del lavoratore è consistita nel richiedere al Tribunale una interpretazione attualizzata delle norme che regolano la responsabilità disciplinare degli autoferrotramvieri; questa materia infatti è ancora oggi disciplinata da un regio decreto del 1931. Il Tribunale ha avallato la tesi dei legali, secondo la quale «questa normativa, pur formalmente ancora in vigore – spiegano gli stessi difensori – non può che essere letta e interpretata alla luce dei sopravvenuti principi giuslavoristici repubblicani e costituzionali, nonché di civiltà giuridica dettati dal pure sopravvenuto Statuto dei Lavoratori. L’azienda, di contro, per giustificare il proprio operato si è trincerata dietro il mero dato formale del tenore letterale della norma, senza procedere ad alcuna contestualizzazione della stessa. L’incolpevole lavoratore tornerà quindi in servizio, dal momento che la sentenza è immediatamente esecutiva».