Arcangelo di Franco Ferrante è un dono. Di vita. Di emozioni. C’è un teatro che parla della vita e un teatro che è vita. Arcangelo rientra nella seconda categoria. Franco Ferrante sta lì, in scena, davanti agli spettatori e parla della sua vita. E della nostra. Delle vite. Quella personale, quella reale e quella virtuale. Sopra tutte, il dolore, che è un’altra storia e un’altra cosa. Il dolore che sta altrove, dietro le quinte, sotto la pelle, dentro gli occhi, nelle pieghe del cuore, nascosto tra i sorrisi.

Il dolore, quello del nistagmo di Arcangelo – che è davvero il figlio di Franco – per un gioco ironico del destino farà aprire gli occhi di suo padre. Tutto assume una nuova dimensione, cambiano le proporzioni e la luce, certe ombre si fanno più piccole, altre si allungano. Cambiano le relazioni, le priorità, i pensieri: quelli cattivi hanno la meglio su quelli buoni.

Sono bugie quelle che ci raccontano e raccontiamo quando diciamo di star male, perché chi sta male davvero non riesce a dirlo e allora recita la vita e la felicità. Si finge che il peggio debba ancora venire, che non stia accadendo e che forse non verrà. Si mente, ci si dispera a pugni e denti stretti mentre si spera a cuore stretto e occhi chiusi. Il dolore conferisce il giusto peso e il giusto posto alle cose. Tutto diventa più chiaro e il mondo virtuale ritorna nel suo piccolo spazio di schermo illuminato di luce artificiale mentre la realtà si accende di luce vera. Si aprono gli occhi di Arcangelo e di suo padre e si vede meglio l’invisibile, quello che non si dice ma c’è. Quello che conta davvero.

Sul palcoscenico allestito nella sala convegni dell’ospedale di Andria per l’occasione del Festival Castel dei Mondi, per la durata dello spettacolo di Franco Ferrante, in quello spazio è passata la vita. Di Arcangelo, di Franco e di noi spettatori. Nel silenzio e negli applausi, nei sorrisi e in qualche lacrima commossa si è potuta toccare con mano la vera condivisione che nessun post sulle bacheche di Fb racconterà mai.

Franco Ferrante su quel palco non recita ma vive perché, come direbbe Proietti, lì in scena tutto è finto ma nulla è falso.