«Si è conclusa alle nostre spalle una settimana orrenda di morte e disperazione. Dall’incidente ferroviario di Andria alla strage di Nizza, dal tentato colpo di Stato in Turchia alla guerra in corso tra polizia statunitense e comunità di colore. Andiamo incontro all’assuefazione verso le cattive notizie e il cinismo rischia di diventare una reazione istintiva». Così interviene don Geremia Acri, responsabile di Casa Accoglienza, cercando di smorzare i toni negativi degli ultimi eventi tragici avvenuti nel mondo, e proponendo una “ricetta” per la soluzione dei problemi.

«Da chi avrebbe in tasca (o sulla tastiera) la soluzione drastica e radicale a tutto, a chi è disorientato e per tanto facile preda dello strillatore di turno, rischiamo tutti di approcciare il dramma quotidiano allo stesso modo di come commentiamo una partita di calcio al bar dello sport. Dal basso della nostra esperienza di accoglienza verso gli ultimi, non sentiamo di avere la ricetta per la soluzione dei problemi, ma vogliamo provare a fare una riflessione per cercare di reagire al dilagare di questo sguaiato cinismo.

Il malcontento generale porta l’uomo a chiudersi in se stesso e le conseguenze sono evidenti. Si ricercano facili guadagni anche a costo di sacrificare vite umane, la politica si muove alla ricerca di consenso e non di soluzioni, la povera gente s’incattivisce e le prime pagine dei media raccontano di gesti eclatanti di gente che reagisce alla bruttezza della vita in modo estremo. Siamo tutti figli di una società che non riesce a unire e a responsabilizzare con diritti e doveri.

Capire l’altro – continua don Geremia Acri – vuol dire insegnare all’altro e insieme confrontarsi per trovare le soluzioni ai problemi. Al disagio dovremmo rispondere con lo studio e l’approfondimento dei temi che ci preoccupano, perché se un giovane diventerà o meno un cittadino onesto e rispettoso delle regole del vivere civile, molto dipende da come noi ci poniamo nei suoi confronti e da quanta determinazione mettiamo nel punire chi dei deboli si approfitta, ogni giorno, anche negli aspetti marginali del vivere quotidiano.

Creiamo un mostro ogni volta che ci chiudiamo nel nostro piccolo recinto fatto da poche e spesso errate certezze, creiamo un uomo uno ogni qual volta portiamo qualcuno al confronto delle idee e quindi non solo a godere dei diritti di tutti, ma anche ad assumersi le responsabilità e gli oneri del vivere comune.

Di certo sappiamo di non poter fare le cose come le abbiamo sempre fatte e che dobbiamo accettare di sacrificare la nostra libertà, o parte di essa, in cambio di maggior sicurezza, ma non quella solo paventata, dobbiamo esigerla da chi è preposta a garantirla.

La libertà l’abbiamo persa da tempo – conclude don Geremia Acri – al suo posto c’è la consapevolezza di poter essere la prossima vittima del malcontento di qualcuno. Questa certezza ci accompagnerà per il resto dei nostri giorni, ma possiamo ancora decidere cosa lasciare ai prossimi, decidendo oggi se vivere la nostra vita divisi o uniti, chiusi o aperti, colti o ignoranti.

Asciughiamoci le lacrime e facciamo la scelta giusta».