L’arresto in flagranza di un pusher e la successiva perquisizione nella sua abitazione con il ritrovamento di diverse quantità di droga, ha fatto scattare le indagini più ampie che poi si sono materializzate con l’arresto di 30 persone, tutte andriesi, nell’operazione “Oppidum” condotta meticolosamente tra 2024 e 2025 dalla squadra mobile della Questura della BAT con il coordinamento della Procura della Repubblica di Trani. L’operazione conclusasi due giorni fa ha portato alla luce un importante giro d’affari nella città di Andria con sei zone di spaccio in cui il cliente, dopo l’accordo con un centralinista, riceveva la droga trasportata da pusher anche in attività di routine come fare rifornimento di carburante ad un distributore. E’ questo uno dei tanti episodi contenuti nelle richieste dei pubblici ministeri e poi accolte dal gip del Tribunale di Trani con ben 87 capi di imputazione contestati a vario titolo e 22 recidive sui 30 coinvolti nell’operazione. Indagini particolarmente complesse svolte prevalentemente grazie ad intercettazioni telefoniche ed ambientali oltre che pedinamenti sia virtuali che fisici. Una indagine che ha dovuto scontare anche un altro problema molto importante oltre alle modiche quantità ed alle modalità di cessione dello stupefacente e cioè il linguaggio criptico: il denaro, per esempio, veniva chiamato peperoni, oppure le diverse tipologie di droga venivano etichettate come zia per la marijuana o la bianca per indicare la cocaina. In altri casi le dosi venivano misurate in “panini”. Un’attività fiorente praticamente h24 difficile anche da quantificare in termini economici, come spiegato dagli inquirenti, ma che era ben studiata ed organizzata con ruoli ben definiti dal pusher ai collaboratori e centralinisti oltre ai procacciatori di clientela. Una clientela che nella stragrande maggioranza dei casi era andriese come gli arrestati tra cui c’è anche una donna.

Presenti sul territorio anche diversi luoghi di deposito di quantità di droga più grandi rispetto a quelle trasportate rapidamente a bordo di bici e monopattini elettrici dai pusher. Questo per complicare ancor di più le indagini ed eventualmente gli arresti in flagranza. Nelle sei zone di spaccio individuate sono state ben delineate anche le competenze e le differenze territoriali dei singoli arrestati. Per esempio erano una decina (dei 30 arrestati) coloro i quali si occupavano della zona centro storico e piazza Catuma con il promotore del gruppo Vincenzo Lovreglio mentre, di contro, uno solo colui il quale aveva una fiorente attività di spaccio stanziale in viale Virgilio. In zona Santa Maria Vetere e quartiere San Valentino c’erano almeno 3 referenti con un gruppo che sarebbe stato capeggiato da Nicola Inchingolo così come per la villa comunale e via Bisceglie erano in sette con referenti principali del gruppo due fratelli. Cinque e quattro rispettivamente coloro i quali si occupavano di altre due zone e cioè Sacro Cuore (dove punto di riferimento del gruppo c’era Leonardo Albano) e Monticelli (dove erano Mangino e de Musso a organizzare il gruppo). Fa specie che spesso i luoghi di incontro fossero individuati nei pressi di istituti scolastici o chiese ed i coinvolti nella vicenda, acquirenti e arrestati, fossero anche giovanissimi appena 18enni.