Una rete di prestanome, alcuni con precedenti penali, altri nullatenenti. Lavori edili mai eseguiti e dichiarati su particelle catastali appartenenti a soggetti ignari come una fondazione ecclesiastica di Roma, o su immobili di dimensioni troppo piccole, come il locale da 35 metri quadrati per ristrutturazioni da due milioni di euro. Sono alcuni dei dettagli emersi dalla conferenza stampa sull’operazione della guardia di finanza che ha fatto finire sotto indagine tre persone accusate, in concorso e a vario titolo, di truffa e reati tributari e fallimentari. In carcere è finito Graziano Apruzzese, 46enne di Andria ma residente a Trani, amministratore di fatto delle società, che hanno sede ad Andria, Trani e Roma, coinvolte nella frode e attive nella grande distribuzione.

Altre due persone sono state invece raggiunte dal divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale: si tratta di una donna di 32 anni, che è rappresentante legale e amministratore unico di alcune delle società coinvolte, e della moglie del 46enne che è legale rappresentante e amministratrice di diritto di una delle srl coinvolte nell’inchiesta. Nell’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani Ivan Barlafante, è ricostruita “la rete” messa su dagli indagati che “utilizzando dei prestanome hanno comunicato crediti all’Agenzia delle entrate per lavori edili mai eseguiti e su particelle immobiliari a loro non riconducibili, abbattendo le imposte che avrebbero dovuto versare”, ha chiarito il tenente colonnello Enzo Quaranta, comandante della sezione tutela finanza pubblica del Nucleo di polizia economico finanziaria (Pef) della guardia di finanza di Barletta.

Quaranta ha anche evidenziato che “usando crediti di imposta mai maturati, lo Stato non incassava più le imposte perché venivano compensate da crediti inesistenti”. Complessivamente sarebbero stati comunicati “crediti di imposta per 20 milioni di euro da persone risultate nullatenenti o con precedenti penali”, ha sottolineato il tenente colonnello Giuseppe Bifero, comandante del nucleo Pef della finanza. Nell’ambito delle indagini sono stati sequestrati beni, tra cui una villa, un opificio, diverse unità immobiliari e conti correnti per un valore superiore ai sei milioni di euro. “L’operazione è la risposta all’impiego illecito di risorse che invece avrebbero dovuto riportare il Paese dopo la pandemia, a un livello di crescita e ripresa”, ha concluso il colonnello Pierluca Cassano, comandante provinciale della guardia di finanza Bat.