Per il cenone di fine anno saranno destinati alla tavola 120 euro in media a famiglia, il 12% in più rispetto all’anno scorso, ma c’è chi spende di più per menù economici da 150 euro a famiglia, ma fino anche a 300 euro per imbandire la tavola per i festeggiamenti senza rinunce, mentre ci sarà chi si manterrà tra i 40 e i 60 euro, barcamenandosi tra i rincari del 22% delle cime di rape, del 18% dei calamari, dell’11% delle lenticchie e di oltre il 100% dell’uva. E’ quanto emerge da una stima di Coldiretti Puglia, sulla base delle rilevazioni dei prezzi dell’Istituto Pugliese per il Consumo, in vista del cenone e del Capodanno per il quale si prevede che quasi 9 pugliesi su dieci (85%) consumeranno il cenone di fine anno nelle case, proprie o di parenti e amici, mentre gli altri si divideranno soprattutto tra ristoranti e agriturismi con oltre 10mila presenze secondo le stime di Terranostra e Campagna Amica.

Le tavolate si allungano ad una media di 8/10  persone e lo spumante – sottolinea la Coldiretti regionale – si conferma come il prodotto immancabile per più di otto cittadini su dieci (83%), ma è seguito a ruota dalle lenticchie presenti nell’80% dei menu, forse anche perché sono chiamate a portar fortuna secondo antiche credenze.

La produzione in Puglia di lenticchia è di circa 5.560 quintali e particolarmente ricercate sono le lenticchie IGP di Altamura, con l’accoppiata vincente– continua la Coldiretti regionale – con cotechino e zampone consumati proprio a fine anno con gran parte della produzione nazionale, ma si rileva anche una apprezzabile domanda di cotechini e zamponi artigianali. Non solo lenticchie tra i piatti portafortuna a fine anno ci sono – continua la Coldiretti Puglia – anche i chicchi di uva presenti sul 45% delle tavole. Ne vanno mangiati dodici, uno per ogni mese dell’anno. E di buon auspicio sono anche i melograni simbolo di riparo e protezione dai problemi che il nuovo anno potrebbe portare.

Sulle tavole per le feste è forte la presenza del pesce a miglio0 a partire da alici, vongole, anguille, capitone e seppie ma – sottolinea Coldiretti Impresa Pesca Puglia – il 61% dei cittadini assaggerà il salmone arrivato dall’estero, appena il 12% si permetterà le ostriche e il 5% il caviale spesso di produzione nazionale che viene anche esportata. Ma c’è anche chi dovrà rinunciare al pesce a causa degli elevati costi e per rispettare la tradizione porterà in tavola le cime di rapa stufate e i panzerotti fritti con ripieno di mozzarella, pomodoro e formaggio o con ricotta scuanta.

La scelta di prodotto locale a “filiera corta” garantisce freschezza e qualità ma scegliere pesce italiano aiuta anche a sostenere un settore della pesca e acquacoltura che vede impegnate – precisa Impresapesca Coldiretti – circa  1.500 imbarcazioni, colpite dalle scelte dell’Unione Europea che colpiscono alcuni dei segmenti trainanti del comparto. La top-ten delle produzioni è guidata dalle alici, seguite da vongole, sardine, naselli, gamberi bianchi, seppie, pannocchie, triglie, pesce spada, gallinelle e sugarelli.

Per quanto riguarda il pesce congelato c’è l’obbligo di indicare la data di congelamento e nel caso di prodotti ittici congelati prima della vendita e successivamente venduti decongelati, la denominazione dell’alimento è accompagnata dalla designazione “decongelato”. Per garantirsi la qualità il pesce fresco – conclude la Coldiretti – deve avere inoltre una carne dalla consistenza soda ed elastica, le branchie di colore rosso o rosato e umide e gli occhi non secchi o opachi, mentre l’odore non deve essere forte e sgradevole. Infine, meglio non scegliere i pesci già mutilati della testa e delle pinne mentre – continua la Coldiretti regionale – per molluschi e mitili, è essenziale che il guscio sia chiuso.