Furono momenti di vero terrore quelli vissuti in via Pisani ad Andria la sera del 17 ottobre 2019: sul luogo del crollo di una palazzina adiacente il cantiere dove era in corso di realizzazione una nuova costruzione, un grosso calcinaccio si staccò improvvisamente colpendo uno dei vigili del fuoco impegnati nella messa in sicurezza dell’area. Già solo per fortuna il crollo non aveva coinvolto la anziana inquilina dell’appartamento sventrato dal cedimento e il cui ordinato soggiorno restò a vista, e un ulteriore colpo di fortuna (ma anche grazie all’utilizzo del casco di dotazione) per il vigile del fuoco non ci furono conseguenze drammatiche. A marzo 2023 si aprirà il processo per cinque delle otto persone iscritte nel registro degli indagati e che a vario titolo dovranno rispondere dell’accusa di crollo colposo. Secondo il sostituto procuratore Vaira, infatti, la realizzazione dello scavo adiacente la palazzina crollata è stata imprudente, non operata per settori o con l’inserimento di opere di sostegno. Vi sarebbero state superficialità formali e sostanziali della progettazione dei lavori. Eppure, secondo gli inquirenti, la situazione dei luoghi era ben rappresentata nella relazione geologica del dottor Losito: le caratteristiche del terreno e il fatto che gli edifici adiacenti fossero vetusti e addossati l’uno all’altro avrebbe dovuto suggerire di attenersi a precise raccomandazioni nella esecuzione dello scavo. Il costruttore Giuseppe Sinisi, i progettisti e direttori dei lavori Francesco e Nicola Pirronti, il collaudatore Antonio Quacquarelli, il coordinatore della sicurezza Vincenzo D’Ercole avrebbero esposto a grave pericolo la pubblica incolumità non solo in riferimento agli occupanti della palazzina crollata ma anche con riguardo a chi poteva essere colpito dai detriti sia nel cantiere, dove a quell’ora non lavorava nessuno, sia per i passanti sul marciapiede di via Pisani. Elemento quest’ultimo che avrebbe dovuto suggerire al comune di Andria di costituirsi parte civile cosa che non è invece avvenuta.