«Esprimiamo vivo apprezzamento per l’azione di contrasto allo sfruttamento del lavoro e contro il caporalato a Spinazzola compiuta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Bari e del Nucleo Ispettorato del Lavoro che ha portato ad un arresto e alla denuncia di due imprenditori agricoli, oltre alle sanzioni comminate. Ma noi non ci stancheremo mai di denunciare le condizioni vergognose nelle quali sono costretti i braccianti, soprattutto migranti, anche in questa terra – dicono i segretari generali di Flai Cgil Bat e della Cgil Bat, Gaetano Riglietti e Biagio D’Alberto».

«Vorremmo che alle nostre denunce si affiancassero quelle delle associazioni datoriali perché chi opera nell’illegalità e truffa lo stato è un concorrente sleale di chi vuole continuare a fare impresa rispettando le leggi. E, invece, avvertiamo sempre minimizzazioni, fino a sentir dire che il lavoro nero è scomparso. Chiediamo ancora una volta a tutti gli organismi ispettivi di intensificare i controlli e lavorare in maniera coordinata. L’azione di contrasto allo sfruttamento e alla riduzione in schiavitù, rappresenta assieme un’enorme emergenza sociale ma anche economica, considerate le risorse ingenti che il caporalato sottrae all’economia del territorio – spiegano».

«Come sempre accade, l’attività illecita di segnare le giornate per ogni singolo bracciante avveniva su un quaderno, da dove è emerso che i lavoratori erano impegnati in condizioni di sfruttamento, con orari di lavoro superiori a quelli previsti contrattualmente, sottopagati e in violazione delle norme a tutela della salute e sicurezza. Apprendiamo, inoltre, che ad aggravare la condizione c’era anche il degrado in cui gli stessi lavoratori alloggiavano, casolari abbandonanti, privi di ogni servizio igienico e sanitario. Il fatto stesso che la scelta della manodopera non era casuale ma effettuata fra lavoratori sprovvisti di permesso di soggiorno o prossimi alla scadenza, ha permesso che i lavoratori accettassero qualsiasi condizione. La regolarizzazione dei migranti prevista dall’art. 103 del D.L. 34/2020 doveva servire a togliere i migranti dalle mani dei caporali, rompendo questo meccanismo perverso in cui sicuramente avrebbero beneficiato anche i lavoratori italiani che spesse volte ricevono un sotto-salario e pertanto le aziende che sfruttano non avrebbero avuto più la possibilità di ricattare i lavoratori, anche italiani, minacciando di trovare chi è disposto a lavorare per necessità e in condizioni peggiori. Inoltre, ci risulta che diversi datori di lavoro non sono disponibili ad attivare la procedura di emersione prevista dall’art. 103 del D.L. 34/2020 per i lavoratori alle loro dipendenze e spesse volte il rapporto di lavoro irregolare in essere viene interrotto nel momento in cui il lavoratore fa richiesta di attivazione della procedura – aggiungono Riglietti e D’Alberto ricordando in conclusione che – questi lavoratori sono innanzitutto delle persone e non braccia o numeri, che hanno diritto ad un salario per condurre una vita dignitosa. Sappiamo benissimo che sfruttamento e caporalato non fanno distinzioni di nazionalità e del colore della pelle per questo la nostra è innanzitutto una battaglia di civiltà».