«Una gaffe imbarazzante. È quella in cui è incappata la Cgil Bat, che ha accusato Assocall di aver firmato un contratto pirata a livello nazionale. L’avventata e diffamante accusa, difatti, è stata mossa in maniera improvvida, senza che gli zelanti esponenti di Cgil Bat si rendessero conto che il contratto collettivo nazionale Assocall del 01.3.2018 prevede un trattamento economico in favore dei collaboratori identico, in tutto e per tutto, a quello previsto dal contratto siglato dalla stessa Cgil con Asstel-Confindustria». A dichiararlo è Leonardo Papagni, presidente dell’associazione datoriale Assocall, che sostiene l’operato di oltre 250 imprese operanti nel settore del “Contact Center Outsourcing” in tutta Italia con 400 milioni di fatturato e oltre 15000 addetti, in risposta alle gravi, imprecise e fuorvianti affermazioni della Cgil Bat, che denotano un atteggiamento doloso e premeditato a denigrare l’intero settore.

«Chiunque può verificare la veridicità delle mie dichiarazioni semplicemente consultando i due contratti collettivi nazionali (che allego al presente comunicato): quello di Assocall e quello di Asstel (firmato anche dalla Cgil), che sono le due associazioni datoriali più rappresentative in Italia nel settore dei call center – aggiunge Papagni – Non sarà difficile notare che, nei rispettivi articoli sui corrispettivi, sono finanche utilizzate le stesse parole! Gli importi, al netto del fatto che nel nostro contratto sono espressamente citati i compensi mentre in quello Asstel sono indicate le percentuali, sono esattamente identici!».

«Prima di definire pirata un accordo avente un trattamento economico uguale (€ 6,50 orario) a quello sottoscritto dalla stessa Cgil nello stesso settore, il sindacato dovrà spiegare le ragioni per le quali ha sottoscritto in Sicilia un accordo aziendale in dumping che riporta, nello stesso settore, un trattamento economico orario di appena 4,00 euro lordi, ben al di sotto di quanto pattuito nell’accordo Assocall», continua il presidente Papagni. Sull’annuncio di Cgil Bat di volersi attivare anche presso l’ispettorato del lavoro, Papagni non ha dubbi: «Saremo ben lieti di affiancare e sostenere anche in giudizio i nostri associati, convinti che sarà l’ennesima occasione per ottenere l’ulteriore accertamento (già avvenuto presso altri ispettorati ed altri organi di vigilanza) della legittimità del contratto. E’ di tutta evidenza che, a nostra volta, chiederemo, a tutela della immagine della associazione e delle aziende associate, che nelle dichiarazioni rilasciate dalla Cgil Bat non si ravvisino elementi che configurino ipotesi di reato».

«Quanto all’accusa rivolta da Cgil Bat all’azienda Adn Call Canter, nostra associata, di aver licenziato in tronco sette iscritti alla Cgil», spiega il presidente Assocall, «la succitata azienda ci ha comunicato che i collaboratori non sono stati licenziati in tronco ma hanno cessato il rapporto solo per la naturale scadenza del termine pattuito. Sono due cose ben diverse. Cgil, strumentalmente, accusa l’azienda di far sottoscrivere contratti mensili con l’obiettivo di ricattare i dipendenti. Premesso che si tratta di contratti previsti dalla legge, la cui regolarità è certificata dai controlli da parte delle autorità competenti (l’ultimo che ha riguardato Adn Call Center è stato realizzato a febbraio scorso), il motivo della durata non sta nella volontà di ricattare nessuno. Le commesse che vengono affidate ai call center sono sempre mensili o bimestrali. Di conseguenza», sottolinea Papagni, «un’azienda seria e lungimirante, non può far sottoscrivere ai suoi collaboratori contratti di una durata maggiore. Significherebbe compiere un salto nel buio. Significherebbe correre un rischio che potrebbe mettere a rischio l’azienda stessa. E se l’azienda chiude, è difficile che possa offrire lavoro. A nessuno. Ma d’altronde queste sono cose che Cgil Bat sa benissimo. Solo che, evidentemente, fa comodo (ed è fin troppo semplice, di questi tempi) puntare l’indice, strumentalmente, contro un’azienda di call center».