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La Condotta Slow Food di Andria attraverso una nota ha voluto dimostrare la propria vicinanza agli imprenditori agricoli andriesi dopo gli ultimi episodi criminosi.

C’è una nuova generazione con i piedi ben piantati per terra. Ѐ quella dei giovani che riscoprono l’agricoltura: secondo Coldiretti, le imprese agricole condotte da under 35 sono aumentate del 9,3% nell’ultimo anno, superando quota 53mila.

Le aziende giovani portano linfa vitale al settore, e non solo dal punto di vista anagrafico se consideriamo che in media hanno il 54% di superficie, il 75% di fatturato e il 50% di occupati in più rispetto alle altre.

A favorire il ritorno alla terra in questi anni ha contribuito senz’altro un nuovo approccio culturale verso l’agricoltura, ma anche e soprattutto la spinta di incentivi economici e fiscali di vario genere. Molti di questi provvedimenti, come il progetto Resto a Sud e la Banca delle terre incolte, si concentrano in particolare sui margini di sviluppo del Meridione. Fin qui tutto bene.

Ma sempre di più le campagne stanno assumendo i tratti peculiari delle zone franche, all’interno delle quali bande organizzate di sciacalli pongono in essere azioni volte a danneggiare inermi ed onesti imprenditori agricoli, come accaduto nei giorni scorsi nel territorio di Andria. Non si tratta più di fenomeni isolati, ma di veri e propri saccheggi, connotati dalla componente della barbarie, che risultano enormemente dannosi per le aziende, e soprattutto per quelle di piccole dimensioni, le quali sempre più frequentemente si ritrovano depredate di risorse fondamentali per la propria produzione e quindi per la propria sopravvivenza in un mercato sempre più compulsivo e concorrenziale: trattori, falciatrici e altri mezzi agricoli, gasolio, rame, prodotti (dalle olive all’uva alle mandorle, dall’olio al vino) e ultimamente anche alberi appena piantati.

«Questa volta è toccato a una giovane imprenditrice agricola – denuncia la Coldiretti – che aveva appena messo a dimora 100 alberi di ulivo, spariti nel giro di una notte, lasciando solo pali e buche vuote. Uno scenario spettrale per la giovane imprenditrice che ha investito per migliorare la sua azienda e si ritrova con un pugno di mosche in mano. Va messo freno al contesto di grave impunità che scoraggia gli agricoltori anche dal denunciare gli episodi di criminalità di cui sono vittime ed è per questo che abbiamo più volte richiesto l’intervento dell’esercito perché il presidio nelle aree rurali divenga più ferreo».

Conseguentemente, ed alla luce di quest’ultimo episodio nefasto, emerge in tutte le sue forme la solitudine nella quale operano i diversi produttori, che da un lato risultano vessati da un mercato, nel quale non viene premiata la valorizzazione delle materie prime o la qualità del prodotto finale, ma al contrario vi è una costante “guerra” al ribasso dei prezzi: una guerra tra poveri. Dall’altro, questi imprenditori sono sotto scacco di un vero e proprio sistema criminale che, come una iena assetata, invade campi ed aziende depredando tutto ciò che rappresenta per questi imprenditori onesti, lo strumento per esercitare il sacrosanto diritto costituzionalmente garantito a svolgere il proprio lavoro.

L’impunità, vero scudo dietro il quale l’inetto criminale si protegge, deve essere spazzata via dalla virtuosa energia della giustizia. L’arroganza di questi veri attentatori dell’altrui libertà, invece, deve essere messa in discussione, da un piano efficace di contrasto, attuato sinergicamente dagli organi competenti, capace di infondere nei cittadini, e quindi negli imprenditori, la certezza di sentirsi finalmente protetti nello svolgimento del proprio lavoro e più in generale nel vivere quotidiano.

La solitudine che, troppo spesso, invade la quotidianità di questi onesti lavoratori deve lasciare il posto al calore genuino proveniente da una collettività che sceglie di non rimanere indifferente, ma di schierarsi al fianco di chi subisce colpi mortali nel buio della notte: la Condotta Slow Food Castel del Monte ha già scelto da che parte stare.