Il discernimento tra ciò che è e ciò che appare, tra la realtà mediata e la verità, tra la fiction e la vita vera è terreno fertile da sempre per le arti, dalla letteratura, al cinema, al teatro. Nel gioco attoriale dell’attraversamento della quarta parete che si fa sempre più invisibile, si condensa tutto il significato e la ricerca di una verità fuori dagli schemi  e dagli schermi. Ricerca che mai come in questi tempi di trionfo di media, social e condivisioni diventa urgente e quasi necessaria.

In Human animal, ultimo lavoro de La Ballata dei Lenna, andato in scena mercoledì 6 settembre in programmazione nella rassegna della XXI edizione del Festival Castel dei Mondi, l’invisibile quarta parete della scena ne nasconde un’altra in bella vista, un pannello sul quale viene proiettata una realtà apparecchiata dietro le quinte e mediata da una telecamerina controllata dagli attori.

 

Human animal è un esperimento di teatro cinematografico girato dal vivo, in presa diretta e in soggettiva. Inquadrature instabili, dettagli, primi piani, raccontano la vita di tre impiegati di un ufficio dell’agenzia delle entrate, per raccontare quella di “uno degli scrittori più influenti e innovativi degli ultimi 20 anniDavid Foster Wallace, che racconta di tutti noi umani.

Una  finzione per riferire i fatti veri. Un giro largo per raggiungere la soluzione all’equazione del vivere che diventa consapevolezza dell’impossibilità a sottrarsi a certi meccanismi e quindi traguardo finale, viaggio senza ritorno.

Sapere cosa è la realtà, cosa è vero o cosa non lo è, cosa ha significato e cosa non lo ha, essere liberi di pensare, di saper distinguere ciò per cui vale la pena vivere, sottraendosi al flusso ripetitivo della routine e di una corsa alla perfezione impostaci dall’esterno, è un processo di conoscenza che non ha nulla  a che fare con la morale, con la religione o con il dogma ma che riguarda la consapevolezza di cosa è reale,  essenziale, in piena vista davanti a noi anche se ben nascosto. In pochissime parole capire davvero cosa vuol dire essere umani e imparare a saper restare umani, nonostante tutto, nonostante la noia.

Diventare inannoiabili, questo è il trucco per riuscire a trovare un equilibrio stabile tra vittoria e fallimento. Vedere oltre, vedere dietro, allenarsi a cercare il colore nascosto delle cose.

Paola Di Mitri, Miriam Fieno e Nicola Di Chio de La Ballata dei Lenna intrecciano per la scena una pluralità di linguaggi artistici e visivi per accompagnare il pubblico alla scoperta del realismo isterico di David Foster Wallace, dei suoi personaggi maniacali e della sua ricerca del deserto “un luogo da temere e amare. Un luogo selvaggio. Qualcosa che ci rammenti contro cosa abbiamo lottato e vinto.”  Quel luogo in cui riscoprirsi animali umani, in cui poter essere umani e restarci, umani.