«Le conseguenze determinate dall’indifferenza manifestata dalla Regione fino ad oggi in materia di regolamentazione della caccia al cinghiale, non possono essere sottaciute anche in ordine alle responsabilità morali sul grave incidente occorso qualche giorno fa nelle campagne di Andria nei pressi della frazione di Montegrosso, sfociato tragicamente e fatalmente nel decesso di un appassionato cacciatore andriese, intento a cacciare cinghiali». Ad affermarlo è il consigliere comunale delegato alle Politiche Agricole Benedetto Miscioscia.

«Un tragico incidente che ripropone, in modo prorompente, la questione delle regole da osservare per questo tipo di caccia che, purtroppo, vede ancora latitante la nostra Regione al contrario di altre. Gravi sono i ritardi al riguardo, soprattutto quelli ascrivibili alla città metropolitana di Bari, la quale, peraltro, adotta la delibera per il rinnovo dei componenti dell’Ambito Territoriale di Caccia ed esclude incomprensibilmente, il Comune di Andria che rappresenta l’agro silvo-pastorale più esteso del territorio ATC, nonostante rientri nella circoscrizione ex Provincia di Bari. Inutile asserire di essere tacciato per facile profeta quando da tempo denuncio la gravità delle mancanze della Regione sulla questione. Infatti fino ad oggi mi sembra che abbia fatto orecchie da mercante nonostante le sollecitazioni in merito e le specifiche richieste di appropriati provvedimenti per garantire una caccia selezionata e controllata del cinghiale la cui popolazione, nell’ultimo decennio, è cresciuta in modo incontrollata, causando la devastazione non solo delle nostre campagne ma anche quello dell’equilibrio del nostro eco-sistema floro-faunistico, senza dimenticare le conseguenze di numerosi incidenti stradali. Per questo, chiedo a tutte le organizzazioni interessate di mobilitarci per affrontare, una volta per tutte, questa vicenda per indurre il governo regionale a dotarsi, una volta per tutte, di una legge che eviti il “far west”. Basterebbe regolamentare le modalità di caccia al cinghiale attraverso la selezione e il controllo praticato nel loro ambiente con opportune ed adeguate misure di sicurezza. Ciò consentirebbe di evitare, come avviene adesso, che i cinghiali vengano ingabbiati, spaventati e stressati per poi trasportarli altrove e, magari, macellati. I ben pensanti ritengono la caccia cruenta, gretta, brutale e via discorrendo, ma considerano quanto cruenta e molto più brutale sia la cattura eseguita con l’utilizzo delle gabbie e, soprattutto, ritengono in questo modo di ridurre drasticamente l’attuale soprannumero di animali selvatici attualmente in circolazione? Se il termine “caccia selezionata” non garba, allora introduciamo quello di “caccia programmata”, forse con questa modalità, eviteremmo due problemi: uno, quello dell’eccessivo e pericoloso numero di cinghiali in circolazione e l’altro quello del rischio di incidenti mortali, come quello purtroppo occorso al cacciatore andriese.