«È indubbio che l’imputato non abbia adempiuto agli obblighi verso i lavoratori ma è altrettanto vero che non si vede come tali procedure avrebbero potuto influenzare il decorso degli eventi che hanno poi portato alla morte di Paola Clemente». Questo il passaggio più significativo delle 115 pagine di motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 15 aprile, il Tribunale di Trani ha assolto il coratino Luigi Terrone, titolare dell’impresa Ortofrutta meridionale, dall’accusa di omicidio colposo per il decesso della 49enne bracciante agricola di San Giorgio Jonico, avvenuto il 13 luglio del 2015 in un vigneto nelle campagne di Andria.

In sostanza, secondo quanto stabilito dal giudice Sara Pedone a margine del proscioglimento dell’imputato, per il quale l’accusa aveva chiesto una condanna a 4 anni di reclusione, la sussistenza di sufficienti misure di protezione per i lavoratori non avrebbe influito sulla dinamica dei fatti.

Il dibattimento ha infatti portato alla luce che «la patologia di cui la donna soffriva non era tale da far dichiarare la sua inidoneità al servizio e che la mancata valutazione del rischio al quale Paola Clemente era sottoposta non ha rappresentato la causa dell’evento ma una concausa».

Le motivazioni, rese note ieri, entrano nel dettaglio della vicenda ed escludono qualsiasi responsabilità da parte di Terrone. Paola Clemente ha avverito il malore fatale intorno alle 7:30 dopo aver chiesto aiuto ad alcune colleghe già a bordo del mezzo con il quale, dalle 3 di notte, era partita per raggiungere il luogo di lavoro nell’agro andriese. Gli operatori del 118 non hanno potuto far altro che constatare il decesso della bracciante. L’autopsia sul corpo della donna è stata eseguita soltanto 43 giorni dopo la morte, il che ha complicato il lavoro del medico legale. Gli avvocati della famiglia Clemente e delle parti civili hanno già annunciato ricorso in Appello contro la sentenza.