«Questo progetto vuole tentare una riconciliazione sociale tra chi ha commesso un crimine e chi lo ha subito. E’ un progetto di comunità dove i detenuti, lavorando e anche ritrovando un contatto con le vittime, passano questo tempo in maniera utile per potersi ritrovare come uomini nuovi nella società». Lo ha detto Giannicola Sinisi, sostituto procuratore della Corte di Appello di Bari, autore del numero zero della collana ‘Senza Sbarre’, che racconta l’omonimo progetto della diocesi di Andria per i condannati in libertà condizionale e i detenuti in semilibertà.

Il volume è stato presentato oggi nell’Aula magna della Corte di Appello dall’autore con il Procuratore generale Anna Maria Tosto, i vescovi di Andria e Bari, monsignor Luigi Mansi e monsignor Francesco Cacucci, e i responsabili del progetto, don Riccardo Agresti e don Vincenzo Giannelli. Tra i nove condannati che da circa un anno partecipano al progetto, c’è l’ergastolano andriese Vincenzo Sgarra, lo stesso che nel 2018 ha regalato a Papa Francesco una bottiglia di olio extravergine di oliva prodotto nella masseria di Castel del Monte dove i detenuti producono pasta fresca e taralli, coltivano ortaggi, curano gli animali. «La convinzione è che – spiega Sinisi – senza mettere in discussione né la giustizia né la pena, una volta che le persone vengono condannate bisogna che qualcuno se ne occupi. Non possono essere lasciate sole a se stesse, in un tempo sospeso nel carcere, perché ogni volta che qualcuno se ne occupa la speranza che possano trovare un posto nuovo nella società diventa fondata. E’ una grande ambizione che va oltre l’impegno dello Stato per la rieducazione dei condannati».

«Siamo abituati a parlare di queste persone leggendo gli atti giudiziari – conclude – e invece sono persone che hanno una storia di vita. Noi speriamo di fare una enciclopedia delle vite personali di chi è passato da questa esperienza».