Un fulmine a ciel sereno che però non ha intaccato l’integrità di Riccardo Casamassima, il carabiniere andriese testimone-chiave del processo Cucchi, e che ha contribuito alla riapertura del caso della morte del geometra 31enne avvenuta all’ospedale “Pertini” di Roma sei giorni dopo l’arresto da parte di alcuni militari dell’Arma e le percosse subite all’interno della caserma. Stamane, infatti, diverse testate nazionali hanno riportato la notizia della richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura di Roma per l’accusa di detenzione di droga ai fini di spaccio. L’inchiesta coordinata dal pm Giuseppe Bianco vede coinvolto proprio l’appuntato dei Carabinieri, sua moglie e altre persone per la presunta detenzione nella sua abitazione romana di quantitativi “non determinati di cocaina”.

Un’accusa che secondo lo stesso Riccardo Casamassima non sussiste perchè nella sua casa i Carabinieri ci sono entrati una sola volta, nel 2014, per farsi consegnare un telefono cellulare di sua proprietà. Nessuna traccia di droga e nessun elemento che provi il reato di spaccio di stupefacenti, come ci spiega lo stesso militare andriese contattato telefonicamente.

«Dopo la mia testimonianza al processo Cucchi, non è la prima volta che provano a screditarmi – spiega Casamassima – prima il demansionamento con riduzione delle stipendio, ora l’accusa infondata di spaccio di stupefacenti. C’è un indagine in corso, ma sono sereno e sono certo che il processo mi darà pienamente ragione».