«Che ci dice nel giorno della festa del nostro Patrono la Parola di Dio? Ci dice che non possiamo servire due padroni: Dio e la ricchezza. E, pensandoci bene, sta proprio qui l’origine di tanti dissesti che affliggono il nostro vivere insieme, sia come chiesa che come società civile». Un’omelia nuovamente forte quella del Vescovo Mons. Luigi Mansi durante la celebrazione per la festa dei Santi Patroni della Città di Andria. Parole che partono da una profonda analisi di coscienza sulla Chiesa per poi giungere alla società civile ed al mondo della politica. Senza troppi filtri e senza giri di parole. «Come Chiesa, innanzitutto. Siamo proprio sicuri di poter escludere che talvolta, con la comoda scusa di lavorare per il regno di Dio, ci spendiamo invece fino allo spasimo per poter raggiungere interessi personali come il prestigio, il fascino di indossare una divisa, la soddisfazione di sentirci importanti, di avere qualcuno sotto di noi, talvolta perfino di guadagnarci qualcosa? Gesù ci inchioda con le sue parole che non ci lasciano scampo: “Non potete servire Dio e la ricchezza”…Non potete!».

Poi il lungo passaggio sulla vita pubblica e la politica: «Se poi ci affacciamo nella vita pubblica, sociale e civile, allora ci spaventiamo subito perché ci accorgiamo che la sete di denaro va ad inquinare non poco l’amministrazione della cosa pubblica. Ad esempio è storia di tutti i giorni dover costatare che rivoli infiniti di denaro si perdono nei meandri della costruzione di opere pubbliche, opere d’immagine e poi di fronte al sacrosanto dovere di assicurare i necessari servizi essenziali che danno dignità e qualità alla vita delle persone, a cominciare dai più svantaggiati, dai più fragili, che sono più in pericolo come i giovani e gli abitanti delle periferie, siamo costretti a dirci l’amaro ritornello: Non ci sono risorse! Vien da domandarci: Ma quando le risorse c’erano, che fine hanno fatto? Chi le ha convogliate verso arricchimenti privati con manovre spregiudicate, che in tanti vedevano e sapevano ma che nessuno osava far venire a galla per omertà o per paura?».

Il ricordo ed il riferimento non poteva che essere all’incidente ferroviario del 12 luglio scorso, incidente in cui sicuramente le responsabilità sono tante e divise tra più persone. «Abbiamo ancora aperte le ferite dell’incidente ferroviario. Abbiamo infatti scelto di svolgere una celebrazione sobria della festa proprio per rispetto al dolore ancora vivo in tante famiglie della nostra città. Famiglie che hanno pagato sulla loro pelle, ingiustamente, il frutto di un uso allegro e indebito di fondi stanziati e destinati al raddoppio di quella linea e invece dopo decenni, spariti nel nulla. Qualcosa di simile è accaduto nelle terre devastate dal terremoto. In fondo le parole del Vangelo di oggi sono semplicemente una riflessione di Gesù che parte da lontano, dalla tavola di Mosè che in tono asciutto dice: “Non rubare!”».

L’esortazione finale è tutta alla ricerca di un miracolo: «A Maria, la Madre del Signore, lei che ha compiuto gioiosamente e coraggiosamente la Parola del Signore, a lei, alla nostra Madonna dei Miracoli chiediamo oggi questo miracolo: Che si scuotano le nostre coscienze e che torniamo ad una pratica più seria e virtuosa del Vangelo, così da fondare la vita della nostra città sul fondamento stabile della Parola di Dio, dei valori più puri e più belli della fede che i nostri Padri ci hanno consegnato e che noi, a nostra volta, abbiamo il dovere di consegnare, con un’opera educativa che ci veda tutti concordi, alle giovani generazioni».