Un assalto durato in tutto undici minuti, armi pesanti utilizzate tra le quali i kalashnikov, strumentazione tecnologica, un potente escavatore per sfondare il muro del caveau e 11 auto incendiate per bloccare le vie d’accesso alla polizia. Sono le scene da film che hanno accompagnato la rapina al caveau della Sicurtransport di Catanzaro il 4 dicembre del 2016 e per il quale, ieri mattina, sono state arrestate 15 persone. Che la malavita pugliese esportasse i suoi “muscoli” anche oltre i confini regionale era piuttosto risaputo, ma che per questo assalto ci fosse anche il via libera delle famiglie ‘ndranghetiste è una assoluta novità da quanto riferito ieri proprio dagli inquirenti. Uno dei colpi più importanti degli ultimi anni con un bottino da 8 milioni di euro per una banda le cui menti ed i basisti erano calabri e gli specialisti pugliesi. E gli arresti di ieri lo testimoniano con cinque fermi proprio in Puglia tra Cerignola, Bitonto ed Andria in cui è stato arrestato un 40enne.

E con la città federiciana ci potrebbe esser anche un altro collegamento inquietante prospettato dagli inquirenti ed emerso dalle parole fondamentali di una collaboratrice di giustizia, la moglie di uno degli organizzatori: il colpo al caveau, infatti, potrebbe esser legato anche all’omicidio di Vito De Biase, ucciso a gennaio scorso in viale Ausonia nella periferia andriese, freddato da diversi colpi d’arma da fuoco mentre era in strada nei pressi della sua abitazione. Un omicidio per il quale naturalmente proseguono le indagini degli inquirenti ma che potrebbe esser legato in qualche modo a quella rapina visto che proprio lo stesso De Biase, secondo la collaboratrice di giustizia, sarebbe stato estromesso dall’operazione. Il colpo, è stato rivelato dal capo della Squadra Mobile Nino De Santis, sarebbe dovuto avvenire ad agosto. Fu rinviato per una segnalazione anonima giunta alla questura di Reggio Calabria che fece intensificare i controlli della polizia. Ed è proprio su questo che si concentra l’attenzione degli inquirenti. Colpo posticipato al 4 dicembre, proprio nella serata del referendum Costituzionale, ed andato a buon fine anche grazie alla complicità di un dipendente dell’istituto che fornì alla banda tutte le informazioni necessarie per agire a colpo sicuro. L’operazione Keleos, dunque, ha permesso di sgominare la banda dopo un anno e mezzo di indagini con il bottino più ricco mai eseguito in Calabria.