Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma di Giovanni Addario, segretario cittadino del PD Andria, in occasione della Festa della Liberazione:

«Questo “25 Aprile” sta facendo discutere già da diverse settimane per il malcelato imbarazzo che hanno le attuali cariche istituzionali espressione di Fratelli D’Italia, che in epoche non remote non disdegnavano l’utilizzo del “saluto romano”, a riconoscersi nella memoria condivisa che è alla base della nostra Repubblica, nata dalle lotte antifasciste ed incardinata in un ordinamento costituzionale decisamente antifascista.

Nel 1956 Piero Calamandrei disse: “I ragazzi delle scuole imparano chi fu Muzio Scevola o Orazio Coclite, ma non sanno chi furono i fratelli Cervi. Non sanno chi fu quel giovanetto della Lunigiana che, crocifisso ad una pianta perché non voleva rivelare i nomi dei compagni… Tutto questo i ragazzi non lo sanno: o forse imparano, su ignobili testi di storia messi in giro da vecchi arnesi tornati in cattedra, esaltazione del fascismo ed oltraggi alla Resistenza”.

Come circolo PD di Andria, pensiamo che celebrare oggi la Festa della Liberazione dall’occupazione nazi-fascista non possa essere una semplice sommatoria di gesti da protocollo istituzionale, che sembrerebbero peraltro fatti in alcuni casi “obtorto collo”, ma debba essere l’occasione non solo di esercitare la memoria condivisa, con un pur doveroso omaggio ai protagonisti della lotta partigiana,  ma soprattutto per insegnare e far “gustare” alle giovani generazioni quei valori che permearono i movimenti antifascisti.

La “libertà” ritrovata il 25 Aprile 1945, scelto come giorno cardine in memoria dello sciopero generale che indusse Mussolini a tentare la fuga, come ebbe modo di sostenere Pertini, proprio colui che proclamò quello sciopero generale, non può essere considerata come un fatto acquisito per sempre se non viene difesa giorno per giorno dai tanti anche piccolissimi attacchi che subisce continuamente.

Oggi il rischio che un certo revisionismo storico, a cui paiono ispirarsi alcune cariche istituzionali che pure hanno giurato sulla Costituzione antifascista (che tale resta anche senza alcuni esplicito riferimento alla parola in sé, caro presidente del Senato), possa ammorbare il dibattito pubblico è fortemente concreto, con la ricaduta fattuale che ogni giorno seppur molto lentamente ci si possa abituare alla rinuncia di piccole-grandi libertà riportando piano piano il nostro Paese indietro, per esempio, sui temi dei diritti civili.

Per questo ci appare sempre più necessaria questa celebrazione proprio per contrastare ogni subdola e nascosta esaltazione di ogni nuova forma di “fascismo”».