«Prima gli andriesi: si, ma nella classifica della povertà. Mi aspettavo un grido di dolore generale, magari anche lacrime di coccodrillo. Ma la notizia che Andria è all’ultimo posto per i redditi prodotti nella classifica dei capoluoghi di provincia non ha scosso quasi nessuno. O meglio non ha scosso quasi nessuno che porti la responsabilità collettiva, ma scuote ogni giorno migliaia di persone che la notizia la conoscono benissimo sulla propria pelle». Così l’ex sindaco di Andria Vincenzo Caldarone commenta questo triste primato per la città di Andria.

Dai dati disponibili emerge infatti questo andamento:

classifica reddito

«Non interessa qui il confronto con Barletta e Trani, anche se rispetto a queste città la differenza è notevole. Ma siamo insieme negli ultimissimi posti della graduatoria. Non solo, ma anche con numero di contribuenti rispetto agli abitanti la situazione è la stessa. Non si tratta quindi solo di evasione fiscale, che non è diversa da altre città meridionali, anzi. Si tratta della struttura economica che si è indebolita, diradata. Cosa ci aspettiamo, se ormai da anni non c’è una nuova importante iniziativa economica, se ogni progetto è destinato ad arenarsi, se il turismo ci sfiora soltanto, la agricoltura vede solo brillanti eccezioni individuali. Ci siamo accorti che migliaia di ragazzi che vanno via significano meno innovazione, meno lavoro, meno redditi e consumi, case che non vuole nessuno e progetti che prendono altra strada? Abbiano capito che stiamo esaurendo i nostri risparmi e difficilmente si produce nuova ricchezza? Il simbolo per eccellenza di questa situazione è il fallimento del Comune, che è insieme causa ed effetto. Eppure mai come ora ci sono tante risorse inutilizzate intorno, risorse finanziarie, idee e progetti, disponibilità a lavorare che porta migliaia di ragazzi lontano. Ma con quali progetti mettiamo a valore le risorse? Con quale collante teniamo le idee nuove sul territorio? Come ri-usare la città per dare ambiente, vita e economia migliore? Se la discussione pubblica si fermasse qualche volta su queste angoscianti domande forse riusciremmo a trovare una strada per la comunità. Sento spesso dire in giro che quando si tocca il fondo allora ricomincia la risalita. Non è vero perché in questa crisi nazionale il fondo non c’è. Le cose da fare sono molte e possibili. Ma ognuno di noi è solo quando vuole reagire. E’ questo il primo ostacolo. Se qualcuno nelle istituzioni vuole riprendere un ruolo di comunità e lasciarsi alle spalle la tragicommedia della politica locale, faccia partire una rete di progetti, imprese, idee e disponibilità , per cominciare a raccogliere risorse e azioni concrete. Senza badare a colori o rancori, perché per una volta gli interessi generali sono chiari: questo sarà l’unico discrimine. Molti non aspettano altro che un barlume per ripartire. Ma da soli non si può».