«Le sciagure sembrano non finire mai per Andria. Ai 90 milioni di debito e all’epidemia di Coronavirus, va aggiunta adesso la tempesta di sparate a casaccio per il rilancio della città, firmate da esponenti  dell’ex maggioranza di centrodestra. Azzeramenti di tasse, richieste di soldi a fondo perduto, proposte di riaperture incontrollate, sollecitazioni al Commissario Straordinario ad interessarsi dei problemi della città e così via. Ogni giorno una nuova, a ruota libera. Il giochetto è evidente: le nostre vecchie volpi stanno cercando in tutti i modi di far passare l’idea che se le cose vanno così male per la città è per via del virus, non per colpa loro, nel tentativo di ricostruirsi una verginità politica. Adesso tanto c’è il Commissario a cui addossare ogni questione, così facenno finta di dimenticare che il Commissario fa quel che può visto la situazione in cui ha trovato la città, e andrebbe per questo ringraziato». Intervengono così, in una nota congiunta, Antonio Griner (Partito Democratico) e Pasquale Colasuonno (L’Alternativa).

«Visto allora che ancora troppo in pochi lo stanno facendo, ci tocca ricordare che se qualunque operazione di sgravio fiscale per gli andriesi oggi è praticamente impossibile, è proprio per lo stato pietoso in cui hanno lasciato le casse della città. Tutte le tariffe al massimo, le cooperative non pagate, i servizi ridotti all’osso, il deserto sociale e culturale, c’erano già prima dell’epidemia. Questo non lo scordiamo.

È davvero comico pensare che chi ha distrutto una città governandola in un periodo in cui tutto sommato le cose andavano normalmente, oggi, in un periodo in cui le cose sono molto più complesse, si metta a sparare ricette per la ripartenza a destra e a manca.

Quali ricette poi? Sempre le stesse a base di esenzioni temporanee per tenere a bada qualcuno, deregolamentazioni, deroghe. Cioè le stesse prassi che hanno portato Andria al dissesto economico e al  commissariamento.

Una ripartenza vera invece dovrebbe avere tutt’altro tenore. Di fronte a una crisi come quella che ci ha investiti non si può rispondere con mezzucci e trovate estemporanee, le si fa solo il solletico. Serve invece una mobilitazione organica e progettata. Una mobilitazione da pianificare tenendo conto delle nuove drammatiche povertà emerse, delle nuove abitudini di vita e  chiamando in causa le diverse parti sociali, responsabilizzandole. La guerra ai disastri del Coronavirus, non può e non deve trasformarsi  in una guerra fra poveri.

Questa nuova fase invece di una gara a chi urla di più, avrebbe bisogno di silenzio. Soprattutto quello degli ex amministratori di centrodestra, che ora danno buoni consigli, non potendo più dare cattivo esempio».