In Puglia si spende di più per mangiare e vestirsi rispetto alla media nazionale. Ma di meno per la manutenzione della propria casa, l’istruzione e la cultura. A rilevarlo è il Centro studi di Confartigianato Imprese Puglia, che ha elaborato gli ultimi dati Istat. Ogni mese, i pugliesi sborsano, in media, 460 euro per l’acquisto di generi alimentari e bevande non alcoliche, pari al 21,7 per cento della totale della spesa (2.114 euro), mentre la media nazionale si ferma a 442 euro, pari al 17,7 per cento del dato complessivo (2.499).

Per le bevande alcoliche e i tabacchi si spendono 46 euro e per l’abbigliamento e le calzature circa 127 euro contro i 116 della media nazionale. Le differenze emergono al contrario, però, quando si parla di casa, per la quale i pugliesi impegnano, mediamente, 675 euro al mese contro una media nazionale di 903 euro. Nell’importo sono comprese anche le utenze domestiche. Per le manutenzioni straordinarie, si sborsa la metà: la media mensile si attesa a 14 euro contro circa il doppio di quella italiana (26 euro). Per gli affitti figurativi, ovvero quelli che le famiglie spenderebbero se la casa in cui vivono non fosse loro, la media è di 427 euro contro i 589 di quella nazionale.

La spesa per i mobili, gli articoli e i servizi in casa è di 97 euro al mese, contro i 104 della media italiana. Le differenze aumentano con i trasporti: 211 euro è la spesa media regionale contro i 266 di quella nazionale. Per la cultura e gli spettacoli appena 80 euro contro una media nazionale di 126 euro. Per l’istruzione 13 euro contro 15. Le differenze scompaiono quasi del tutto quando si parla di sanità (111 euro contro 113).

«I dati elaborati dal nostro Centro Studi regionale – spiega Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – raccontano che ci sono ambiti, come quello dei generi alimentari, in cui i pugliesi proprio non rinunciano a spendere. D’altro canto, la nostra cultura enogastronomica è molto apprezzata non solo in Patria, ma in tutto il mondo: le aziende del settore – in gran parte microimprese ed imprese artigiane – sono state in grado di ritagliarsi un posto di preminenza nell’immaginario collettivo, e di superare la crisi in relativa scioltezza. Stesso ragionamento potremmo fare in relazione ad abbigliamento e calzature, sebbene lo scarto rispetto alla media nazionale sia ancor più contenuto. Al netto di questo, però – fa notare Sgherza – in totale, le spese dei pugliesi sono sensibilmente inferiori alla media nazionale. Quasi 400 euro al mese in meno non sono attribuibili unicamente ad una maggiore propensione al risparmio. Semmai, il problema è che le disponibilità economiche sono nettamente inferiori rispetto ad altre zone del Paese: per questo i cittadini pugliesi tendono a fare economia innanzitutto in settori percepiti come non essenziali. Sotto questo profilo, la minore spesa in cultura è un dato che deve far riflettere».