L’arma che ha ucciso il 28enne Giovanni Di Vito non è stata ancora trovata. La si cerca all’altezza di un curvone della strada provinciale 13 Andria-Bisceglie, nei pressi di un ristorante dove il sospettato dell’omicidio, l’andriese Celestino Troia, ha dichiarato di averla gettata.

Ma gli inquirenti per ora non hanno trovato quel coltellino multiuso, l’arma bianca che Troia avrebbe utilizzato per colpire Giovanni di Vito sarà oggetto di nuove ricerche oggi dove, sul posto, sarà condotto anche Troia per comprendere meglio il punto in cui può essere finita.

L’autopsia intanto, i cui risultati ufficiali saranno resi noti tra 90 giorni dal medico legale Biagio Solarino che l’ha effettuata, ha comunque già evidenziato che un solo fendente ha causato la morte di Giovanni Di Vito: la lama di circa 6 centimetri ha trapassato il fisico ben piazzato della vittima e ha raggiunto la parte alta del cuore uccidendolo in pochi minuti. E anche se Celestino Troia ha sostenuto che sia stato Di Vito, nella foga dell’aggressione a suon di pugni confermata anche dai testimoni oculari, ad andare contro l’arma bianca, il primo risultato dell’autopsia non sembra riscontrare tale versione. La foga con cui il Di Vito aggrediva Troia prima di restare vittima, è un elemento che l’avvocato Vincenzo Sciannandrone, legale del presuntro omicida, cerca di approfondire: ha infatti chiesto che sia effettuato un esame tossicologico sulla vittima.

Lo stesso esame potrebbe essere richiesto dall’avvocato Magda Merafina che è stata nominata legale della moglie e del figlio di Di Vito davanti ai cui occhi si è consumata la scena dell’uccisione del 28enne.