Sono tre gli imprenditori arrestati dai Carabinieri Forestali di Bari e 4 aziende le aziende sequestrate a Palo del Colle, Ruvo di Puglia e Andria, oltre a diverse decine di mezzi pesanti e beni per un totale di oltre un milione e settecentomila euro, nell’ambito dell’operazione “Cannibal Cars” inerente ad un traffico internazionale di rifiuti pericolosi verso Africa e Asia.

Oltre ai tre arrestati, di cui uno egiziano e gli altri due di Ruvo di Puglia e Andria, sette persone sono state denunciate a piede libero: per tutti l’accusa principale è di traffico internazionale organizzato di rifiuti pericolosi tra Italia, Egitto, Iran e Libia. Gli arrestati, insieme alle persone denunciate, avevano costituito un gruppo criminoso che esportava all’estero veicoli fuori uso interi tra cui semirimorchi, autocarri cassonati e furgonati anche adibiti ad usi speciali, non più idonei alla circolazione su strada in quanto non marcianti ed inutilizzabili, costituenti rifiuti speciali pericolosi, parti di veicoli fuori uso (cabine, assali, pneumatici, serbatoi, motori, alberi di trasmissione, semiscocche, tettucci, marmitte, impianti frenanti) e parti di veicoli fuori uso attinenti alla sicurezza (semiassi, sospensioni, ammortizzatori, impianti frenanti, impianto sterzante, air bag, cinture) non sottoposti alle prescritte operazioni di revisione, quindi costituenti rifiuto.

In pratica, i soggetti indagati utilizzavano i rispettivi complessi aziendali (beni, mezzi e persone) per cannibalizzare i veicoli fuori uso mediante il taglio a pezzi degli stessi, dichiarandoli falsamente come parti di ricambio, ma essendo in realtà ancora rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, poiché commercializzati senza essere stati sottoposti alle operazioni di bonifica e messa in sicurezza presso un centro di demolizione autorizzato. Numerose le fatture sequestrate corredate da dichiarazione nelle quali si attestava falsamente l’avvenuta bonifica ad opera di ditte specializzate, sequestrate inoltre false documentazioni utilizzate per presentare come parti di ricambio i rifiuti esportati.

Per tali principali ragioni, agli indagati sono stati contestati numerosi reati di falso. L’azienda capofila del gruppo, inoltre, esercitava abusivamente l’attività di centro di raccolta e demolizione, trattandosi di concessionaria di veicoli pesanti usati, avvalendosi della complicità documentale fornitagli dalle altre aziende indagate, quali centri di raccolta autorizzati. In pratica la trasformazione in pezzi di ricambio veniva fatta risultare falsamente come se fosse avvenuta in un centro di raccolta autorizzato, mentre in realtà si svolgeva, mediante cannibalizzazione, presso un’azienda non autorizzata. Nella conduzione dell’attività illecita, il gruppo organizzato si avvaleva anche di consulenti ambientali, anch’essi indagati. Ammonta a circa 3.500.000 chilogrammi la quantità di rifiuti gestita illegalmente, in particolare verso paesi Asiatici e Africani. L’organizzazione agiva mediante operazioni costituite da numerose spedizioni transfrontaliere attraverso i porti di Bari, Genova e Salerno, dirette principalmente verso Iran, Libia, Egitto.

Inoltre, ammonta a oltre € 1.700.000 il valore accertato dei profitti illeciti, derivanti dal risparmio di spesa per la mancata attivazione delle corrette procedure di gestione e recupero dei rifiuti prescritte dalla legge e dai ricavi delle vendita illecita dei rifiuti stessi. Ingente il danno all’ambiente, derivato dalla circolazione dei rifiuti, sporchi e non bonificati con presenza di gravi inquinanti come pcb-pct, piombo, cadmio, mercurio, sostanze lesive per l’ozono e sostanze petrolifere contaminate che hanno generato potenziali rischi per l’ambiente sia in fase di trasporto che in caso di un eventuale riutilizzo. Inoltre, il trasferimento di rifiuti non bonificati in Africa ha alimentato le numerosissime discariche a cielo aperto trasferendo i costi risparmiati in Italia.