Come diceva Calvino “Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”. Immaginate il riverbero esponenziale che si ottiene quando due drammaturghi e scrittori di classici si incontrano per scrivere assieme uno spettacolo.
È il caso de ‘L’abito nuovo’ che reca la doppia firma di Luigi Pirandello e Eduardo De Filippo, due maestri che hanno ancora tanto da dire.

Ad intercettare e a rileggere questa urgenza del racconto L’abito nuovo, di quasi un secolo fa, due talenti contemporanei, il regista della compagnia La luna nel letto, Michelangelo Campanale e l’attore e drammaturgo, Marco Manchisi.

A ottant’anni di distanza dalla prima messa in scena nel 1937 al teatro Manzoni di Milano per un testo scritto nel 1935, e che Pirandello non riuscì a vedere mai rappresentato, Campanale e Manchisi hanno rispolverato questo ‘abito nuovo’ dal taglio classico, consapevoli del fatto che avesse ancora tanto da raccontare. Dopo un anno dal debutto, il riadattamento del testo teatrale della compagnia ruvese La luna nel letto conquista anche il pubblico del Festival Castel dei Mondi in due date molto attese e subito sold out al botteghino.

Il motivo è presto detto: dopo il viaggio onirico e nostalgico di Cinema Paradiso che aveva emozionato e commosso un pubblico assolutamente trasversale, sotto lo chapiteau in piazza Catuma nella scorsa edizione del Castel dei Mondi, la numerosa compagnia pugliese è tornata quest’anno ad infiammare la platea entusiasta dell’immancabile kermesse andriese di fine estate, che, per l’occasione, si è concessa una trasferta di due giorni nel teatro comunale di Ruvo.

La scena-scrigno frutto dell’estro visionario di Michelangelo Campanale si apre su due livelli e su due dimensioni disegnate dalla luce: l’evanescenza del sogno e l’inafferrabilità dei desideri, sopra e una realtà opprimente e dai toni sovraesposti, sotto. Una doppia condizione esterna che riflette quella intima e personale del protagonista, Michele Crispucci costretto dagli eventi a trovare un equilibrio impossibile tra un’eredità di disonore e una eredità d’orgoglio. Dopo la morte dell’ex moglie, infatti, andata via con il suo circo vent’anni prima lasciandolo solo con la figlia Assuntina e l’anziana madre, Michele, uomo onesto ma molto povero dovrà decidere se accettare o meno la cospicua eredità della donna che si era arricchita concedendosi a facoltosi amanti. Ne emerge una figura in duplice lotta con la miseria e il materialismo. Solo, a cercare di difendere la propria dignità e il proprio buon nome, contro chi vuole convincerlo ad indossare la maschera della disonestà e della cupidigia perché così va il mondo. A fare da spartiacque un abito, un abito nuovo appunto che segnerà il cambiamento e la sconfitta al tempo stesso.


In questo spettacolo, i temi cari a Pirandello, legati all’ipocrisia di una società multiforme e polivalente, fanno il paio precisamente con i tratti peculiari del teatro di Eduardo, in cui la distinzione tra miseria e nobiltà resta l’eterna e ineluttabile metafora della condizione umana. Ne vien fuori l’immagine di un uomo folle, perché il solo a cui stanno a cuore i sentimenti più che ‘la roba’ e di un uomo sconfitto dal dolore di un amore pericoloso per una donna che, nonostante tutto, non aveva mai dimenticato.

Ecco qui quello che il classico ha ancora da dire, la riflessione doverosa e necessaria su un tempo, il nostro, in cui la superficie delle cose conta sempre più della profondità dei valori e delle emozioni.
La riflessione di due autori che vivevano nella propria realtà e nel proprio tempo e non erano avulsi da esso ma sapevano interrogarlo. Il sarto don Ferdinando/Pirandello/Dante Manchisi, a metà strada tra platea e palcoscenico, tra teatro e vita, tra realtà e finzione, dialoga con lo spettatore e con la società mentre cuce un abito e tesse le trame di una storia che calza a pennello a Crispucci/Eduardo/Marco Manchisi e a tutti gli attori in scena. Maschere e tipi umani attuali e alle prese con i propri dilemmi di uomini contemporanei e moderni.

Il racconto per immagini, quasi cinematografico, delle soluzioni scenografiche di Campanale e il lavoro prodigioso di Manchisi con gli attori (Nunzia Antonino, Salvatore Marci, Vittorio Continelli, Adriana Gallo, Paolo Gubello, Dante Manchisi, Olga Mascolo, Annarita De Michele, Antonella Ruggiero, Luigi Tagliente),tutti fenomenali, sulla drammaturgia restituiscono al pubblico uno spettacolo che è una gioia per gli occhi e per il cuore. Quando la meraviglia la fa da padrona, a vincere sono le emozioni.

Anche questa volta la compagnia La luna nel letto incassa un altro successo di pubblico, tenendo alto il livello qualitativo della programmazione di questa XXI edizione del Festival Castel dei Mondi dopo già una settimana di spettacoli e tanti altri ancora da scoprire nei prossimi giorni.