Un gioiellino di Lenny Abrahamson, film preferito dal pubblico al Toronto film festival 2015 e che è valso Oscar, Goden globe e British Academy Film Awards alla protagonista Brie Larson e ha portato sul grande schermo il sorprendente talento in erba del giovanissimo Jacob Tremblay: stiamo parlando di Room.

«There’s two side of everything», di ogni cosa ci sono due facce: dentro e fuori, realtà e finzione, verità e bugia, luce e buio.

La storia di Jack e “Ma”, ispirata a vicende reali e reinterpretata nel romanzo di Emma Donoghue e con sceneggiatura della stessa autrice, si consuma nel solco e nel passaggio tra gli opposti. Tra due parti. Tra la stanza e il mondo. Stanza che per “Ma” è una piccolissima e fetida parte del mondo mentre per Jack è il mondo intero ed è divertente, fatto a sua misura. La differenza sta nel punto di vista.

Dalla prigionia di sette anni, passando per la fuga, sino ad arrivare al dramma psicologico quella che qui si racconta è una (ri)nascita che viene innescata dalla necessità di credere ancora e di insegnare a credere in qualcosa di più grande. Un’ambizione che è desiderio di sopravvivenza. Citando la Mazzantini, è un percorso per venire la mondo che trae origine dal presupposto che nessuno si salva da solo. Room è questo: la storia della salvezza di una ragazza e di suo figlio dalle grinfie del malvagio “Old Nick” che richiede una crescita repentina di entrambi, indispensabile per non soccombere.

Così i cinque anni del piccolo Jack sono, al tempo stesso, troppo pochi per conoscere il mondo e troppi per chi è già entrato in contatto con tutta la sua violenza. Nato nel buio di una stanza/prigione, Jack, verrà alla luce (letteralmente) solo dopo il suo quinto compleanno e dopo la fuga, in un’altra stanza, quella di un ospedale, troppo bianca, troppo grande e soprattutto troppo luminosa.

Spalancate le porte della stanza-prigione, la relazione assoluta madre/figlio, esce allo scoperto e si relativizza. Jack dovrà con-dividere sua madre col mondo mentre “Ma” potrà finalmente lasciarsi andare, smettendo di essere forte per lui. E ancora una volta, sarà suo figlio a salvare lei, dopo averla salvata ogni giorno per cinque anni, rappresentando il suo unico biglietto di sola andata per il mondo, la speranza che non muore mai.

Room è un film che si guarda col cuore e con tutta la rabbia e l’amore di cui esso è capace. Le regia immersiva di Lenny Abrahamson e la recitazione premiata con l’oscar di Brie Larson e dell’enfant prodige Jacob Tremblay fanno nascere un feeling tra i due protagonisti a dir poco stupefacente. La scenografia spettacolare di Mary Kirkland racchiude in una stanza tutto l’essenziale del mondo e ha il sapore di una realtà vissuta in uno spazio ridotto ai minimi termini che riesce a contenere tutto, tranne il bisogno di libertà.

Quando da un varco aperto in quello spazio troppo stretto entrerà il mondo, non ci sarà più stanza senza porte chiuse. Tutto sarà illuminato, tutto sarà da scoprire, tutto sarà vita.