Per chi è più giovane appare davvero una ricorrenza lontana e quasi sbiadita nel tempo. I libri di storia ne parlano assieme ai docenti che in fretta e furia, con i programmi di storia spesso in ritardo, provano a ripercorrerne l’importanza. Ma il 25 aprile è la “Festa della Liberazione” semplicemente un giorno fondamentale per la storia d’Italia, un giorno simbolo della vittoriosa lotta di resistenza militare e politica attuata dalle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale a partire dall’8 settembre 1943.

71 anni fa il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, in cui vi era tra gli altri anche l’indimenticato Presidente della Repubblica Sandro Pertini, proclamò l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti indicando a tutte le forze partigiane di attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa. “Arrendersi o perire” fu la parola d’ordine intimata dai partigiani ancor prima dell’arrivo delle forze alleate. Aldilà del ricordo storico per rinfrescare la memoria collettiva, resta l’amaro per la sempre più esigua partecipazione soprattutto delle giovani generazioni.

La storia è il monito del futuro, ma evidentemente, in un momento così frastagliato e di particolare conflittualità, fa più comodo snobbare un appuntamento che avrebbe il compito vero di esser geloso custode della memoria dei tanti caduti di guerra e più in generale un monito per la pace sempre più traballante in un tempo di grande confusione. A noi resta comunque il compito del ricordo.