Individuare qual è il rischio cosiddetto tipico del quale il processo si è occupato attraverso il richiamo delle norme ed il regolamento di circolazione oltre ai principi generali sui quali si fonda la circolazione ferroviaria. Sarà questo l’ambito di argomentazione e l’obiettivo della requisitoria dei pm domani, mercoledì 5 ottobre, durante la nuova udienza del processo sulla tragedia ferroviaria del 12 luglio 2016. Dalla scorsa settimana si è chiusa la fase dibattimentale ed è cominciata la requisitoria dei pubblici ministeri, il Dr. Catalano ed il Dr. Pesce, entrambi già ascoltati dal collegio con presidente la Dott.ssa Corvino. Prime ore di ricostruzione dei fatti secondo l’accusa all’interno dell’aula bunker del carcere di Trani in cui i pubblici ministeri si sono concentrati soprattutto sulle normative regionali, nazionali ed europee che guidavano e guidano soprattutto la sicurezza ferroviaria nell’ottica dell’interconnessione delle reti. Consapevolezza dei rischi correlati all’esercizio ferroviario, individuazione successivamente dei garanti delle norme sulla sicurezza, tempistiche da rispettare per gli adeguamenti tecnologici e responsabilità. Una prima parte riassuntiva di oltre tre anni di processo in cui, sono rimasti imputati in 16 persone fisiche e la società Ferrotramviaria. Sono 24 le parti civili costituite tra cui i comuni di Andria e Corato, alcune associazioni, parenti delle vittime e la Regione Puglia. Ente quest’ultimo inserito comunque tra i responsabili civili assieme all’azienda ferroviaria che gestisce la rete ed il Ministero dei Trasporti.

Un processo come ribadito più volte dai pm molto complesso perché molto tecnico in una materia complessa che ha anche dovuto scontare diversi aggiornamenti normativi e tecnologici nel corso degli ultimi anni. I pubblici ministeri hanno voluto però rimarcare come «questo non sia stato il processo al blocco telefonico, bensì il processo al contesto di esercizio nell’ambito del quale il regime di circolazione del blocco telefonico veniva adoperato sulla linea a binario unico compresa tra Ruvo e Barletta». Un sistema non sicuro, secondo l’accusa, su quella tratta considerando che un sistema più moderno come quello del blocco conta assi sarebbe potuto «esser installato semplicemente con fondi di esercizio della Ferrotramviaria», hanno ribadito. Tra le altre cose l’ANSF definì obsoleti quei sistemi e quelle procedure non ritenute più adeguate a gestire in sicurezza la circolazione sulla infrastruttura ferroviaria nazionale in ragione dell’innalzamento delle prestazioni richiesti in termini di velocità e frequenza dei convogli. Una situazione applicabile, secondo i pm, in via prudenziale per la sicurezza ferroviaria su tutte le reti comprese quelle regionali. E sul tema sicurezza si dipana gran parte del processo considerato che il Dr. Pesce ha sottolineato più volte la necessità di scindere le spese per l’interoperabilità e quelle per la sicurezza visto il grande progetto in corso di realizzazione da parte di Ferrotramviaria.

«664 mila euro per la realizzazione e l’applicazione e la posa in opera all’utilizzo del blocco conta assi, invece di orientare le scelte aziendali ad altro, a quest’ora 23 persone non sarebbero morte, sarebbero ancora vive, 51 non avrebbero riportato lesioni. E quindi 23 famiglie non sarebbero distrutte». Il dato con cui si è chiusa la prima parte di arringa dei pubblici ministeri che ripartiranno nella lunga e minuziosa requisitoria domani.