Una condanna e due assoluzioni nel processo che si è concluso davanti al Tribunale di Torino per la morte di due operai del nord barese mentre lavoravano alla costruzione di un termovalorizzatore della TRM nel torinese. La condanna per Nicola Angona, amministratore dell’impresa individuale “Edil Due” una delle ditte subappaltatrici per la realizzazione di un muro per la “fossa dei rifiuti” del termovalorizzatore: per lui 4 anni e 9 mesi di reclusione. Assolti per non aver commesso il fatto sia Maria Vania Abbinante, coordinatrice in fase di progettazione e Furio Saraceno, responsabile del cantiere. Tutti e tre dovevano rispondere per l’omicidio colposo dei due operai mentre per le lesioni era già intervenuta la prescrizione.

Accolte sostanzialmente le richieste del pubblico ministero formulate nell’ultima udienza quella del 3 marzo scorso ad esattamente nove anni dal primo dei due incidenti sul lavoro, anche se per Angona il giudice è andato oltre la richiesta di 4 anni del pm. Il 3 marzo del 2012 Antonio Carpini, caposquadra andriese al lavoro in quel cantiere, morì dopo esser precipitato nel vuoto da un’altezza di 27 metri mentre era su di una “mensola rampante”. Il 31 marzo, dello stesso anno il 2012, a distanza di meno di un mese, fu la volta dell’incidente mortale che coinvolse Cosimo Di Muro operaio di Canosa caduto da 40 metri di altezza a causa dell’improvviso distacco di una piattaforma dal muro. Un processo, tuttavia, che ha trovato non poche difficoltà nel celebrarsi e nell’arrivare ad una conclusione. Oltre cinque anni di indagine, quattro magistrati coinvolti e praticamente otto anni solo per far partire il dibattimento.

Un solo colpevole insomma per quelle due morti “bianche” e per cui, in particolare la famiglia Carpini, ha sempre chiesto giustizia.