Caporali e sfruttatori di manodopera agricola, ai tempi del Coronavirus, hanno preso alla lettera le “comprovate esigenze lavorative”. Ovviamente le loro esigenze. Infatti se qualcuno ha pensato che la terribile pandemia avrebbe ridimensionato il mercato irregolare delle braccia, deve ricredersi leggendo le cronache di questi giorni: da Saluzzo, nella provincia di Cuneo, fino a Ragusa in Sicilia, passando per le campagne del salernitano e, non da ultimo, per quelle della Capitana, le dinamiche di sfruttamento sono le stesse di sempre.

«Per lo sforzo di magistrati particolarmente sensibili al tema del caporalato e l’azione delle forze dell’ordine, sempre più specializzate nel contrastare lo sfruttamento lavorativo in agricoltura, tutti impegnati quotidianamente per squarciare il velo cupo che nasconde vicende prossime alla soglia della riduzione in schiavitù, esprimiamo l’apprezzamento e la gratitudine della Flai Cgil Puglia, che da sempre denuncia pubblicamente ma non solo questi fenomeni, anche grazie ai lavoratori iscritti al nostro sindacato che, con dovizia di particolari, finalmente si ribellano, si affidano alla nostra tutela, portano concrete prove dello sfruttamento agli organismi inquirenti da parte di questi aguzzini». Inizia così una lunga riflessione del segretario generale della Flai Cgil Puglia, Antonio Gagliardi che torna sul problema del caporalato.

«È quanto accaduto con l’operazione denominata “White Labour” condotta dalla magistratura foggiana con un blitz delle forze dell’ordine in due grandi aziende nell’agro di San Giovanni Rotondo. Ciò permette di sostenere azioni mirate nel contrasto al caporalato. Ma non basta. L’intera filiera agricola deve interrogarsi e mettere in campo efficaci azioni in grado di viaggiare parallelamente a quelle repressive. Lo richiede con urgenza l’approssimarsi dell’imminente stagione della grandi raccolte stagionali. La manodopera, che fino ad oggi, evidentemente non è mancata, nella così detta fase 2 avrà la necessità di rendersi maggiormente disponibile, non fosse altro per riequilibrare le economie domestiche gravate dalle difficoltà del momento storico. Si dimentica colpevolmente che Legge 199 del 2016, di contrasto al lavoro nero e al caporalato, diviene strategica per svolgere in pieno un ruolo istituzionale: quello previsto dall’articolo 8 della legge che ha istituito le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità (ReLAQ) con il compito di individuare procedure e strumenti per favorire il trasporto, l’accoglienza e, prima di tutto, l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Sebbene istituite in tutte le province della Puglia, non hanno mai potuto lavorare in questa direzione. Anche su questa mancanza di responsabilità è bene interrogarsi».

«A chi pensa che gli Enti Bilaterali Agricoli Territoriali, costituiti dalle Organizzazioni datoriali e sindacali firmatarie del contratto collettivo di settore, possano essere la panacea di tutti i mali va ricordato che sono soggetti giuridici autonomi con competenza provinciale, nati per promuovere azioni di integrazione delle prestazioni sanitarie, previdenziali e di welfare contrattuale. Tuttavia, possono certamente contribuire, al pari di altri soggetti, come l’INPS a cui è demandato dalla norma ruolo fondamentale il compito di presiedere le apposite commissioni, come la Regione, l’Inail, i Centri per l’Impiego, gli Uffici immigrazione, gli enti ispettivi, le Agenzie per il Lavoro, le aziende pubbliche e società di trasporto private in grado di garantire un trasporto dedicato fino in azienda, ecc., in un rapporto di complementarietà, ma sempre all’interno delle sezioni della ReLAQ per facilitare in trasparenza l’incrocio tra lavoratori e aziende del settore agricolo».

«Le sezioni territoriali ReLAQ sono strutturate in ogni provincia della Puglia, unico esempio nel panorama nazionale, in grado di realizzare un sistema virtuoso nel mercato del lavoro. I soggetti pubblici, a cominciare dalla Regione, devono pretendere la piena applicazione della legge199 proprio perché prevede la realizzazione di impegni che contrastano lo sfruttamento lavorativo, promuovere le assunzioni in trasparenza, il trasporto dei lavoratori e la necessaria accoglienza. In piena emergenza da Coronavirus il trasporto della manodopera risulta fondamentale soprattutto sotto il profilo sanitario, prima ancora che contrattuale. Lasciare alla mercé di personaggi senza scrupoli che non guardano al valore della vita umana, prima ancora che lavorativa, la dice lunga su quale attenzione potranno prestare null’applicare le norme di sicurezza che prevedono DPI e distanziamento individuale. Basti pensare a come ammassano nei catorci cadenti e arrugginiti che hanno la forma di un furgone lavoratori stranieri bisognosi di guadagnare pochi spiccioli per sopravvivere. Non possiamo accettare che il rischio possa riflettersi sull’intera popolazione dimostratasi attenta all’osservanza delle misure sanitarie e comportamentali. A chi conviene lasciare in piedi questo sistema disumano e contro legge? Soprattutto: può l’inerzia di una delle parti in causa determinare la non applicazione di una legge? Dov’è lo Stato? Sono le domande che rivolgiamo alle istituzioni, e che vorremmo portare all’attenzione dell’opinione pubblica. Non è più tempo per la melina: o si sta dalla parte della legalità, o si sta con i caporali».