Lunedì 13 gennaio alle ore 20.00 al Centro Risorse di via Aldo Moro 42, in occasione del Mese della Memoria, Il Circolo dei Lettori di Andria e l’associazione Il Nocciolo, ospitano il Prof. Raffaele Pellegrino, ricercatore presso l’Istituto Pugliese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia contemporanea (IPSAIC).

Le Muse nell’Inferno ha come fine quello di rinnovare la memoria della tragedia più crudele del XX secolo, attraverso uno sguardo inusuale, che tenta di penetrare nelle pieghe del sistema nazista secondo l’arte musicale. Ciò apre un nuovo punto di vista nello studio del totalitarismo nazista, che porta l’orrore a toccarsi con la bellezza in un legame pericoloso, indefinibile e quasi misterioso.

Dapprima verrà ripercorsa la storia e i meccanismi della propaganda nazista attraverso i canali dell’arte, la musica prima di tutto, analizzando le istituzioni di monitoraggio culturale e di controllo artistico, partendo dalla nozione di “arte e musica degenerate” con l’ideologia ad essa sottesa. L’applicazione dell’ideologia, appunto, razziale, si rivela immediata: non esiste la possibilità di un’alternativa alla musica di origine ebraica perché l’ebreo non è l’opposto dell’ariano, ma la sua contraddizione.

L’incontro proseguirà analizzando il rapporto che lega la musica ai campi di concentramento nazisti, attraverso un viaggio nei differenti lager, indagando sul ruolo della musica nei luoghi della morte, sia dal punto di vista dei carnefici, sia delle vittime. Riflessioni storiche e filosofiche ci aiuteranno a comprendere che è quasi impossibile parlare di fenomenologia dei lager senza studiare in tutti i suoi aspetti la musica che là, proprio dentro quelle fabbriche della morte isolate dal mondo dei vivi con filo spinato elettrificato, vi risuonò.

Il tempo dell’approfondimento sarà “scandito” da ascolti musicali brevi guidati con musiche composte nei campi di concentramento, la cui “sopravvivenza” ci chiama all’ascolto. Inoltre, saranno aperte due finestre di approfondimento: la musica nel ghetto di Terenzìn e l’orchestra femminile di Birkenau.

La musica, subdolo strumento nelle mani del nazionalsocialismo, fu arte utile da un lato a realizzare una sorta di alienazione ontologica dell’umano, dall’altro a incoraggiare, favorire o imporre attività creative a uomini, o meglio a sotto-uomini, che, evidentemente, non sarebbero dovuti essere in grado neanche di elaborare una benché minima attività intellettuale. La complessità tragica della figura del musicista in condizioni estreme, ai confini della (sotto)umanità, ai limiti della zona grigia di leviana memoria, sviluppa una meditazione sulla catastrofe del totalitarismo nazista.

Solo serbando memoria degli orrori del passato è possibile vivere in maniera consapevole il presente ed immaginare scenari alternativi per il futuro.