Di seguito, una riflessione a cura di don Ettore Lestingi in occasione della Giornata Mondiale del povero (domenica 17 novembre):

«Il 16 marzo 2013, il Santo Padre Papa Francesco, incontrando per la prima volta i giornalisti di tutto il mondo, tracciò con una espressione lapidaria il programma del suo pontificato: “ … come vorrei una Chiesa povera e per i poveri”. Come per incanto la Chiesa si svegliò dal torpore dell’indifferenza e ha cominciato a rimettere al centro della sua azione pastorale la povertà come stile da assumere e piaga da combattere, nell’intento di ripulirsi da tutte quelle incrostazioni che, lungo i secoli, hanno oscurato il suo volto, rendendola sempre più lontana dal suo naturale contesto di azione, l’umanità, e fare una scelta di campo “la scelta preferenziale per i poveri”. Da qui è partito un processo di conversione pastorale fondato su un dato di fede: “ quello che avete fatto loro, lo avete fatto a me e quello che non avete fatto loro non l’avete fatto a me” (Mt.25).

Finalmente Gesù non è solo rinchiuso in tabernacoli d’oro, ma è realmente presente e quindi riconosciuto e amato, nella carne dell’affamato, dell’assetato, del forestiero, di chi è spogliato della sua dignità, del malato, del carcerato. L’immagine che propongo alla vostra riflessione è eloquente in merito: il volto di Cristo è lo stesso di quello del povero.

Ma perché celebrare una Giornata Mondiale del Povero?

Per alcuni tale evento sembra inutile o addirittura di cattivo gusto, perché non è con una giornata che si risolve il problema della povertà. Né tanto meno con tavole rotonde, o convegni…

Secondo il mio modestissimo parere tale giornata ha la forza di un fulmine a ciel sereno, o l’incredibile risveglio provocato da una scossa di terremoto almeno per riflettere e magari rivedere il nostro stile di vita, le nostre scelte pastorali e, per chi ha l’onore e l’onere di gestire la Cosa pubblica, le proprie scelte politiche.

Il povero è dono soprattutto per noi, uomini e donne della civiltà dell’opulenza, ricchi di tutto ma poveri di vera felicità.

Il povero è dono perché, in chi lo incontra, fa nascere la nostalgia di valori perduti: la felicità data dalle cose semplici (S. Francesco), la libertà da ogni forma di ossessione e possessione, la gratitudine. Sapendo o non sapendo, il povero è la “possibilità storica ed evidente ” del Vangelo, soprattutto di quella pagina che dà respiro e mette ali di autentica libertà. Vi prego di leggerla attentamente: “Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito?  Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi? (Mt. 7,25 – 30).

Il povero è dono perché è testimone concreto di che cosa significa affidarsi alla provvidenza di Dio.

Il povero è dono perché maestro di vita alla cui cattedra dobbiamo tutti tornare, per imparare il segreto della felicità.

Ma al tempo stesso il povero è giudizio soprattutto per noi, uomini e donne di Chiesa, esperti parolai di povertà e di poveri, ma che nei nostri bilanci consuntivi personali, famigliari ed ecclesiali, non compare mai la voce in uscita: “per i poveri”.

Il povero è giudizio per noi Chiesa, che mentre ossessioniamo i nostri fedeli ad essere generosi nei confronti dei poveri, vestiamo paramenti e usiamo suppellettili liturgici dai costi esagerati offendendo la dignità del povero. Amiamo proclamare con enfasi ed emozione la Parabola del Buon Smaritano e dinanzi al povero che tende la mano “passiamo oltre …”

Il povero è giudizio per tutti, per chi crede e per chi non crede, lo è anche per chi ha in mano le sorti dei popoli, gli Amministratori e i politici, il cui compito principale è quello di garantire una vita dignitosa ai loro cittadini, da cui hanno ottenuto fiducia e che in loro hanno riposto ogni speranza.

La Giornata Mondiale del povero, è vero, non risolve il problema della povertà, ma certamente destabilizza ogni nostra certezza, mette in crisi la nostra visione di vita con la speranza di liberarci dall’inganno della vanità».