Il 20 aprile scorso erano riusciti ad evitare la cattura, diventando di fatto latitanti. Da allora, gli uomini della Squadre Mobili di Bari, Foggia e Catanzaro erano sulle loro tracce. Da quando cioè, erano sfuggiti all’arresto nel corso di una vasta operazione che aveva portato al fermo di sette pericolosi pregiudicati. Componenti di un gruppo criminale, specializzato negli assalti ai caveau o ai furgoni portavalori, con legami con la criminalità organizzata calabrese e cerignolana.

Oggi, dopo circa tre mesi e mezzo di indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, gli agenti li hanno rintracciati, all’alba di questa mattina, in una masseria nelle campagne di Giovinazzo e tratti in arresto, con le accuse di rapine, furto e ricettazione.
Si tratta del 37enne Alessandro Morra e del 49enne Pasquale Pazienza, responsabili, in concorso con altri, dell’assalto al caveau dell’istituto di vigilanza “Sicurtransport” di Catanzaro, del 4 dicembre 2016.

Il colpo, fruttato un bottino di circa 8 milioni di euro, era stato portato a termine da una banda, composta da una ventina di persone, armate e dotate di sofisticate apparecchiature elettroniche, con la complicità di un dipendente dell’azienda. In quell’occasione, il commando aveva bloccato tutte le vie d’accesso alla zona industriale di Catanzaro con auto rubate (poi dati alle fiamme) e cosparso la strada di chiodi, per rallentare l’intervento delle forze dell’ordine. Poi, con un mezzo cingolato, avevano abbattuto il muro dell’istituto, portando via l’ingente quantitativo di cointanti.

Dopo circa un anno e mezzo, gli inquirenti erano riusciti a risalire a presunti responsabili della rapina, tra i quali un andriese ed esponenti della criminalità cerignolana, bitontina e calabrese, arrestati nel corso dell’operazione denominata “Keleos”. Al blitz erano sfuggiti i due pericolosi ricercati. Ci hanno provato anche questa mattina, quando i Poliziotti hanno fatto irruzione nel loro covo, mettendogli le manette. Nel provvedimento restrittivo è stata contestata anche l’aggravante delle finalità mafiose: dalle indagini sarebbe infatti emerso che il gruppo avrebbe agito in collaborazione con alcuni esponenti di spicco di una cosca di ‘ndrangheta di San Leonardo di Cutro, in provincia di Crotone.