«Abbiamo impugnato dinanzi al Tribunale del Riesame il provvedimento di perquisizione e il successivo sequestro del telefonino e del computer eseguiti nei confronti di Filippo Caracciolo. Ci auguriamo che la vicenda si chiarisca in fretta perché la campagna elettorale è brevissima». Lo ha detto l’avvocato Michele Cianci, difensore dell’ex assessore regionale Caracciolo, dimissionario dopo la perquisizione disposta dalla magistratura barese nell’ambito di indagine sugli appalti dell’Arca.

Caracciolo è indagato per corruzione e turbata libertà degli incanti con riferimento ad un appalto da oltre 5 milioni di euro bandito dal Comune di Corato per la costruzione della nuova sede della scuola media Giovanni XXIII. Caracciolo sarebbe intervenuto per favorire la società degli imprenditori Massimo e Amedeo Manchisi, promettendo un incarico di dirigente al presidente della commissione aggiudicatrice dell’appalto, in cambio di voti.

«Il mio cliente – ha detto l’avvocato Cianci – è totalmente estraneo ad una vicenda in cui si trova coinvolto per aver partecipato ad un pranzo con l’imprenditore assegnatario dell’appalto. La procura di Bari, tra l’altro incompetente perché i fatti sono accaduti a Corato, quindi la magistratura competente è Trani, presume che Caracciolo sarebbe stato corrotto dall’ipotesi di avere voti, ma i suoi interlocutori appartenevano a circoscrizioni diverse rispetto a quella dove Caracciolo prendeva voti».

Il legale ha poi evidenziato il “rischio di strumentalizzazione” di questa vicenda durante la campagna elettorale, oltre al danno causato perché «hanno tolto il telefonino ad un soggetto candidato che in questo modo ha perso tutti i numeri in una fase così delicata della campagna elettorale. Non ce l’abbiamo con la procura perché è giusto che faccia le sue indagini, ma chiediamo di essere sentiti quanto prima e che questa vicenda si chiarisca il più presto possibile perché la campagna elettorale è brevissima».