La Missione Albania del campo giovani SS. Trinità giunge al termine. Nella mattinata di domenica 14 agosto, esattamente sette giorni dopo il loro arrivo in terra albanese, i ragazzi andriesi hanno preso il loro traghetto dal porto di Durazzo in direzione Bari.

Prima di partire, ultima Messa presso la chiesa edificata nel villaggio di Fllak celebrata da Padre Giorgio assieme a don Francesco Santomauro. Un occasione per ricordare la settimana trascorsa insieme a tutti i bambini, gli anziani, i carcerati, e tutte le persone incontrate lungo il cammino.

Dai volti di tutti i giovani della missione è possibile percepire una sensazione di nostalgia. In molti avrebbero voluto continuare questa esperienza che tanto ha insegnato. Una sensazione confermata anche dagli stessi ragazzi quando gli viene chiesto cosa portano dentro e a casa dell’intera esperienza: «Porto a casa la consapevolezza che molto spesso non sappiamo quali siano i veri valori della vita – spiega qualcuno -. Dare amore, essere vicini alle persone che ne hanno bisogno, essere presenti nella sofferenza altrui è un qualcosa che può essere di conforto e aiuta a crescere a livello personale».

Qualcuno si sofferma sugli sguardi dei bambini incontrati a Fllak, e l’esperienza vissuta nell’ospizio di Kavaje: «Gli sguardi dei bambini e gli abbracci degli anziani rimangono impressi nella nostra mente. Sappiamo che c’è ancora tanto da fare, e speriamo di poterlo fare anche nella nostra realtà».«Ricorderò sicuramente – continua qualche altro – il sorriso dei bambini e degli anziani incontrati in questi giorni, dove abbiamo visto come con dei piccoli gesti siamo riusciti ha dare molto. Inoltre il nostro gruppo stesso è cresciuto affiatandosi sempre di più. L’augurio è quello di continuare il nostro percorso anche a casa, nella nostra città e nel nostro territorio».

E ancora, altri giovani si soffermano sull’esperienza dell’incontro con i carcerati giovanissimi di Kavaje: «Porto a casa l’emozione dell’incontro con i carcerati di Kavaje, la prima esperienza per me. Speriamo di aver lasciato un bel ricordo, ma soprattutto di aver dato un esempio. Adesso dobbiamo continuare il nostro percorso anche a casa».«La felicità dei ragazzi “ospiti” nel carcere minorile – spiega qualche altro – è quella che mi porto dentro come emozione più forte. Solo con un pallone e la nostra presenza abbiamo dato loro la possibilità di condividere una mattinata diversa e senza dubbio lontana dal pensiero di vivere in una fredda cella».

Infine la riflessione di don Francesco Santomauro, vice parroco della Parrocchia SS. Trinità e accompagnatore dei ragazzi in questa esperienza: «A livello personale è stata la mia quinta volta a Kavaje, ed è un’esperienza che ti riporta sempre all’essenziale, guardando sia l’accoglienza delle suore della Missione sia la gente. Mentre nell’osservare i ragazzi e ascoltando alcuni di loro, direi il miracolo delle piccole cose ordinarie che ha permesso a tutti noi di vivere un’esperienza di fraternità e di lasciare a casa ogni tipo di problema per concentrarsi sulla conoscenza diretta con nuove persone in questo piccolo servizio che ci è stato richiesto».