“Sembrerebbe in atto un avvicinamento tra camorra barese, mafia foggiana e Sacra Corona Unita, al punto che, in alcuni casi, la cerimonia di affiliazione di sodali baresi è stata celebrata alla presenza di un rappresentante della SCU. Una circostanza che assume, anche sul piano simbolico, un valore non trascurabile”. A dirlo è la relazione semestrale, relativa ai primi sei mesi dell’anno 2018, della Direzione Investigativa Antimafia che analizza, come consuetudine, l’attività svolta ed i risultati conseguiti. Una relazione corposa che presenta un focus importante sulla criminalità organizzata italiana e nello specifico dei diversi territori.

Particolare attenzione è posta proprio alle organizzazioni mafiose pugliesi che pur riconoscendosi come autonome, specie nel controllo militare del territorio, “sembrano proiettate – spiegano nella relazione – sotto l’egida delle famiglie dominanti, alla realizzazione di una sinergica struttura multi-business, con una mentalità criminale più moderna e “specializzata”, che consente loro di spaziare nei vari ambiti dell’illecito (come quello delle scommesse illegali on-line) e di affermare una tendenza espansionistica verso i settori in crescita dei mercati legali”. Ed è proprio in questa ottica che le associazioni criminali si dimostrano capaci di attuare efficaci strategie d’infiltrazione nell’indotto economico-finanziario gestito dagli enti locali, in particolare nel settore dei rifiuti.

“Questa mafia degli affari – spiegano dalla DIA – proiettata verso obiettivi di medio-lungo termine, utilizza il potere di assoggettamento per condizionare non solo gli Enti locali, ma anche il tessuto imprenditoriale”. Lo spaccato analitico si comprende bene anche grazie ai numeri delle interdittive antimafia, emesse nel semestre dalle Prefetture-UTG pugliesi, che confermano l’inserimento delle organizzazioni criminali nei rapporti economici tra Pubblica Amministrazione e privati. Nello specifico “ad essere, in via preventiva, considerate non affidabili per infiltrazioni mafiose sono risultate società attive nell’edilizia o nel mercato ittico sino alla pastorizia ed ai servizi funebri”. L’infiltrazione criminale nell’economia legale pugliese si registra anche nel comparto agroalimentare, in particolare nel territorio del foggiano. Infatti la grande domanda di manodopera e l’opportunità di assoldare a basso costo braccianti stranieri ha visto in quel territorio una crescita esponenziale del fenomeno del caporalato e di tutto l’indotto sommerso ed illegale connesso al settore.

Le indagini concluse nel semestre, infine, hanno posto anche l’accento sulla capacità delle donne, soprattutto pugliesi, nella gestione del malaffare: mogli e parenti dei boss rivestono ormai da tempo compiti di primo piano nelle organizzazioni criminali, con i variegati ruoli tra cui reggenti, cassiere ed emissarie dei rispettivi clan, abili anche nel garantire continuità alle attività illecite gestite dai capi detenuti.