Home Attualità Eucaristia e sinodalità per una Chiesa “indivisa” e non “in-divisa”

Eucaristia e sinodalità per una Chiesa “indivisa” e non “in-divisa”

Una riflessione di don Ettore Lestingi

Riceviamo e pubblichiamo una nota riflessione a firma don Ettore Lestingi, presidente CLD Andria.

«Il Corpus Domini (Corpo del Signore), è sicuramente una delle solennità più sentite a livello popolare. Vuoi per il suo significato, che richiama la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, vuoi per lo stile della celebrazione. Pressoché in tutte le diocesi infatti, si accompagna a processioni, rappresentazione visiva di Gesù che percorre le strade dell’uomo.

Le origini nel Medio Evo, in Belgio La storia delle origini ci portano nel XIII secolo, in Belgio, per la precisione a Liegi. Qui il vescovo assecondò la richiesta di una religiosa che voleva celebrare il Sacramento del corpo e sangue di Cristo al di fuori della Settimana Santa. Più precisamente le radici della festa vanno ricercate nella Gallia belgica e nelle rivelazioni della beata Giuliana di Retìne. Quest’ultima, priora nel Monastero di Monte Cornelio presso Liegi, nel 1208 ebbe una visione mistica in cui una candida luna si presentava in ombra da un
lato. Un’immagine che rappresentava la Chiesa del suo tempo, che ancora mancava di una solennità in onore del Santissimo Sacramento. Fu così che il direttore spirituale della beata, il canonico Giovanni di Lausanne, supportato dal giudizio positivo di numerosi teologi presentò al vescovo la richiesta di introdurre una festa diocesi in onore del Corpus Domini. Il via libera arrivò nel 1246 con la data della festa fissata per il giovedì dopo l’ottava
della Trinità. Papa Urbano IV e il miracolo eucaristico di Bolsena L’estensione della solennità a tutta la Chiesa però va fatta risalire a papa Urbano IV, con la bolla Transiturus dell’11 agosto 1264. È dell’anno precedente invece il miracolo eucaristico di Bolsena, nel Viterbese.

Qui un sacerdote boemo, in pellegrinaggio verso Roma, mentre celebrava Messa, allo spezzare l’Ostia consacrata, fu attraversato dal dubbio della presenza reale di Cristo. In risposta alle sue perplessità, dall’Ostia uscirono allora alcune gocce di sangue che macchiarono il bianco corporale di lino (conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare ancora oggi custodite nella basilica di Santa Cristina. Nell’estendere la solennità a tutta la Chiesa cattolica, Urbano IV scelse come collocazione il giovedì successivo
alla prima domenica dopo Pentecoste (60 giorni dopo Pasqua).

Grazie alla fede viva dei nostri Padri tale Solennità è giunta fino ai nostri giorni e, per molte chiese, costituisce il traguardo e allo stesso tempo il punto di ripartenza di cammini ed orientamenti pastorali da verificare e insieme da progettare.

La Solennità del Corpus Domini quest’anno si inserisce nel cammino di riforma della Chiesa fortemente sognato e segnato dal pontificato di Papa Francesco che vede nello stile sinodale la possibilità di ridare forma evangelica alla comunità dei discepoli di Cristo. Un cammino di riforma che passa attraverso l’ascolto vissuto come fonte generativa di una rinnovata primavera dello Spirito. Ci stiamo incontrando, ascoltando interrogando perché, come ci esorta Papa Francesco è ascoltandoci che ascoltiamo lo Spirito.

Ma è anche vero che per riformare la Chiesa, per ridarle forma evangelica, è molto importante dare visibilità ad un processo che rischia di restare nell’invisibilità e cioè iniziare a dare forma, spessore e carne alla volontà di ritornare alla Chiesa delle origine che è un camminare verso la Chiesa del futuro. E ciò è possibile solo attraverso il linguaggio deciso e spiazzante dei segni.

E la Processione del Corpus Domini potrebbe rappresentare una occasione favorevole per annunciare una Chiesa dal volto sempre più somigliante a quello di Cristo. Innanzitutto con la Processione del Corpus Domini noi portiamo tra le strade dell’esistenza umana Cristo, compagno di viaggio di ogni uomo e così manifestiamo una Chiesa che “resta nella città”, caricandosi sulle proprie spalle “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono” (GS). Dunque non una
Chiesa che profuma solo di incenso, malata di muffa, ma una Chiesa che odora di popolo. Ed è la Chiesa in uscita di Papa Francesco. Ancora la Processione del Corpus Domini è l’epifania del Cristo totale, cioè di Cristo, Capo della Chiesa e della Chiesa Corpo di Cristo. Cristo e Chiesa un unico corpo. Una unità che non significa uniformità, ma conformità, somiglianza e quindi trasparenza. Tutto questo ci induce a testimoniare una Chiesa “indivisa”, non solo perché “un cuor solo e un’anima sola”, ma anche un solo stile, un solo volto … Invece la Processione del Corpus Domini sembra manifestare al mondo una Chiesa “in – divisa”, con l’ostentazione di stendardi, labari, bandiere, divise che già nel nome tradiscono e oscurano il volto della Chiesa di Cristo: una Chiesa divisa perché intenta ad innalzare i segni del potere di gruppi e di categorie.. Per essere una Chiesa sinodale, che sa camminare insieme non solo nelle intenzioni, ma soprattutto negli stili di vita, è importante vivere il passaggio esodale, che comporta fatica e rinunce, auspicato dal Venerabile don Tonino Bello e cioè, abbandonare la terra dei segni del potere ed approdare nella terra del potere dei segni.

Non dimentichiamo che l’Eucaristia è il sacramento della presenza reale di Cristo “il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo” (Fil. 2,6-7); è il Sacramento di Cristo che, in quella Cena, ultima sua Pasqua e prima Eucaristia della Chiesa, l’unico paramento liturgico che ha indossato, e donato ai suoi, è il grembiule. Sarebbe veramente bello e spiazzante vedere una Chiesa indivisa e non in-divisa.

Anche l’ordine della Processione dovrebbe annunciare la volontà e il desiderio di costruire la Chiesa sinodale che cammina insieme dietro al suo Signore. Da anni, come Ufficio liturgico diocesano abbiamo fatto una scelta: mentre prima il Vescovo con il Santissimo Sacramento chiudeva la Processione, ora è Cristo che la apre e tutti i fedeli lo seguono in Processione. E
ciò per evitare la tentazione che fu di Pietro che da discepolo voleva mettersi al posto del Maestro: “Tu mettiti dietro e seguimi …” Siamo noi che dobbiamo seguire Cristo e non Cristo noi.

Solo così Cristo non diventa solo pretesto per portare noi e le nostre insegne in Processione, ma l’unico Maestro da seguire, lodare amare e servire, e noi la sua Chiesa, la Chiesa di Lui!»

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