La Giornata mondiale contro il cancro rappresenta l’occasione per non concentrarci soltanto su “quanto” vivono le persone dopo la diagnosi, ma piuttosto su “come e quanto” vivono. Nel 2003, l’idea alla base della costituzione della Federazione italiana delle Associazione di Volontariato in Oncologia (FAVO) è stata proprio la volontà di mettere in rete le associazioni dei pazienti per garantire ai malati la miglior qualità di vita possibile e il superamento delle disuguaglianze nelle cure e nel sociale, per il ritorno a una vita attiva e produttiva dopo il cancro. Negli anni FAVO si è impegnata a documentare attraverso ricerche e studi il costo socio-sanitario del cancro e più in particolare, attraverso l’indagine sui costi sociali, promossa da FAVO e realizzata nel 2018, le spese sostenute dai pazienti a causa di carenze e/o ritardi all’accesso ai trattamenti terapeutici e ai servizi socio sanitari.
In particolare, il sondaggio ha dimostrato che annualmente ogni malato spende di tasca propria oltre 1800 € (di cui 600 per spese di trasporto e alloggio, 260 per esami diagnostici e 150 per chirurgia ricostruttiva) e che le categorie più fragili devono di fatto rinunciare a bisogni altrettanto prioritari quali quello del sostegno psicologico e della riabilitazione oncologica multidisciplinare, condizione indispensabile per una piena guarigione, anche sociale, dal cancro. L’elevato costo sostenuto dai pazienti per il trasporto e l’alloggio documentano la persistente gravità della migrazione sanitaria intraregionale, mentre quello altrettanto elevato sostenuto per gli esami diagnostici di urgenza dimostra l’inaccettabile permanenza di lunghe liste d’attesa.Va poi tenuto presente che la vulnerabilità economica ha un impatto negativo non solo sulla qualità ma anche sull’aspettativa di vita, come dimostrato dagli studi sulla tossicità finanziaria esistente anche in Italia, nonostante la copertura assicurata dal SSN che va certamente preservata, ma anche potenziata attraverso modifiche regolatorie e legislative a tutela del crescente numero di pazienti fragili.
E su questo che il CALCIT di Andria si è concentrato in tante attività realizzate sino al progetto della “Grande C”.
In linea con quanto previsto a livello europeo, FAVO chiede che il Governo si attivi urgentemente per porre fine alle disuguaglianze che si ravvisano nell’accesso ai programmi di prevenzione, alla diagnosi, ai trattamenti e alla riabilitazione per migliorare la qualità di vita dei pazienti e delle persone guarite dal cancro. L’immediata adesione all’iniziativa faro 9 del Piano europeo di lotta contro il cancro che istituisce un registro delle disuguaglianze di fronte al cancro è indispensabile per individuare tendenze, disparità e disuguaglianze tra le regioni, nonché criticità e specifiche aree d’intervento per orientare gli investimenti e gli interventi necessari, anche attraverso il PNRR.
Inoltre, al fine di garantire che i pazienti oncologici non sopravvivano solo alla malattia, ma vivano una vita lunga e soddisfacente, senza discriminazioni e ostacoli iniqui, è altrettanto urgente l’adesione all’iniziativa faro 8 per realizzare una smart card del sopravvissuto al cancro per riassumere la storia clinica dei pazienti e facilitare e monitorare le cure di follow-up, compresa l’esperienza da loro vissuta. Questa tessera personalizzata e volontaria, sotto forma di applicazione o di carta elettronica portatile, collegherà il paziente agli operatori sanitari per migliorare la comunicazione e il coordinamento sul follow-up medico.
In questa giornata mondiale, FAVO rinnova il grido d’allarme, pienamente accolto dal Parlamento attraverso l’approvazione di risoluzioni, ma tuttora non recepito dal Governo, sull’urgenza di adottare un Piano Oncologico Nazionale, in linea con quello europeo, che indichi obiettivi, azioni, tempistiche, finanziamenti e modifiche regolatorie e legislative per superare l’emergenza oncologica.
Vanno inoltre adottati con immediatezza decreti-legge per il superamento degli inaccettabili ritardi degli screening (slittati di oltre 4 mesi e del 35%) e dell’improcrastinabile carenza di personale, nonché il pieno ripristino degli interventi chirurgici oncologici (ridotti di oltre il 30%).