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ITIS Jannuzzi, riflessioni sulla scuola nell’era del Covid-19

Il documento elaborato, discusso ed approvato da 60 docenti

Riceviamo e pubblichiamo un documento elaborato, discusso ed approvato da 60 docenti dell’ITIS “ Sen. O. Jannuzzi” di Andria autoconvocati in assemblea:

«L’importanza della Scuola è continuamente ribadita in tutte le sedi, ma quanto la scuola sia realmente al centro delle politiche poste in campo suscita delle serie perplessità! In un momento di emergenza come quello che stiamo vivendo oggi, le norme che dovrebbero guidarci nelle scelte sono il senso di responsabilità, la salvaguardia del bene comune, l’efficienza e l’efficacia delle strategie messe in atto, in un clima di serenità e dialogo costruttivo. Per queste ragioni oggi non comprendiamo l’incapacità di dialogo, l’assenza di metodo, l’incomunicabilità e la mancanza di chiarezza funzionale ad un corretto rapporto istituzionale tra gli organismi centrali e regionali, per arrivare alle istituzioni locali. Possibile che in una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo si cerchi lo spazio per benefici e ricadute di natura partitica o peggio ancora personali? Oppure il tutto è semplicemente addebitabile all’inadeguatezza? Maggioranza e opposizione si rendono responsabili dell’assenza di un dialogo funzionale, soprattutto in questo momento, al bene della Nazione.

Ai nostri studenti che si apprestano a ricoprire il ruolo di “rappresentanza” negli Organi Collegiali scolastici spieghiamo i requisiti che un rappresentante deve possedere: visione del bene comune, capacità di mediazione, propensione al dialogo, attenuazione e risoluzione del conflitto, visione di lungo periodo, competenza tecnica. In tante uscite pubbliche, i rappresentanti delle Istituzioni ed “esperti” vari hanno sempre mostrato di possedere questi requisiti? Sensibilizziamo sulla partecipazione attiva e del rappresentato ad individuare un degno rappresentante; che non deluda, che sia all’altezza dell’oneroso compito di decidere in nome di una collettività. Quanti ottimi professionisti, imprenditori, uomini di cultura non si mettono politicamente in gioco perché hanno “riflettuto troppo” sul valore aggiunto, sulla marcia in più, che un pubblico amministratore dovrebbe avere! Quanta delusione e rammarico ci pervade nello scoprire che le decisioni per la collettività sono prese da chi ha i nostri stessi limiti, incertezze, e a volte, purtroppo, anche la nostra incompetenza!

Se vogliamo venire fuori da questa situazione di profonda crisi che sta paralizzando il tessuto sociale, economico e sanitario del Paese, dobbiamo essere pronti tutti quanti a fare un passo indietro, a cedere qualcosa di quanto già acquisito nel tempo. Noi, da parte nostra, abbiamo già messo in discussione il nostro ruolo di docenti, abbiamo sostenuto una revisione della figura dell’insegnante che, da autorità assoluta in classe, latore di un insindacabile ultimo giudizio sulla vita scolastica degli alunni, sia aperto alla partecipazione  attiva e consapevole degli studenti nella ricerca di un percorso scolastico più condiviso e stimolante per gli stessi. Si è dato modo così anche ai genitori di poter interagire, intervenire, proporre soluzioni che potessero incidere anche in maniera decisiva sul percorso formativo dei loro figli.

Durante la pandemia, poi, abbiamo più volte denunciato lo scollamento tra le nostre istanze di operatori sul campo e l’inadeguatezza della risposta maturata dai decisori politici, tradottosi, ad esempio, nel mancato adeguamento della rete di trasporti, nel mancato potenziamento edilizio che prevedesse la realizzazione di nuovi ambienti didattici al fine di ridurre il numero degli alunni nelle classi, in un mancato potenziamento degli strumenti tecnologici necessari per fruire adeguatamente della didattica  a distanza  così come denunciato in alcune aree del territorio nazionale. Il tutto con pericolo di creare un nuovo tipo di dispersione scolastica. Ovviamente, le nostre perplessità prescindono dalla contestualizzazione locale essendo l’esito di un’analisi più ampia di ciò che sta emergendo complessivamente nel nostro paese.

Tutto il personale scolastico, docente e non docente, ha lavorato, ognuno per quanto di propria competenza, seguendo pedissequamente le disposizioni impartite sia per gli scorsi Esami di Stato sia per una corretta riapertura; abbiamo lavorato durante i mesi di giugno, luglio e agosto, sacrificando parte delle nostre ferie, senza nulla pretendere e con un forte senso di responsabilità e appartenenza, come altri operatori sociali e soprattutto  sanitari. Ci siamo dotati di un piano per l’attivazione della didattica digitale integrata, così da non trovarci impreparati in caso di necessità, abbiamo modulato la stessa sugli alunni con bisogni educativi speciali, abbiamo seguito corsi di aggiornamento e di formazione affinché la Dad non fosse solo lo sciorinare, comodo, di nozioni senza un contraddittorio. Il tutto con un enorme carico di lavoro aggiuntivo che probabilmente non ci sarà mai riconosciuto. Sebbene sia cambiato il setting didattico e la relazione, su molti aspetti, sia stata penalizzata, la Dad si è pur sempre rivelata, grazie all’iniziativa di molti docenti, uno strumento di compensazione prezioso al fine di mantenere attivo il più possibile lo scambio e la presenza della comunità scolastica.

Questo è il senso del nostro lavoro, della partecipazione per il benessere della comunità, questa è la solidarietà sancita dalla nostra Costituzione, questi sono i valori con i quali vogliamo formare lo studente, futuro cittadino del nostro Paese.

Invece ci troviamo oggi a chiederci: che esempio stiamo dando ai nostri ragazzi? La classe dirigente quale tipo di insegnamento sta offrendo alle generazioni future?

Non abbiamo la presunzione di suggerire azioni e provvedimenti da mettere in campo in una situazione così delicata e particolare, comprendiamo l’eccezionalità della situazione dalla nascita della Repubblica ad oggi. Siamo pronti a ricevere e a mettere in atto tutte le prescrizioni contemplate: critichiamo però, l’assenza di chiarezza, lo scontro permanente tra le forze politiche e l’inopportunità di dichiarazioni e provvedimenti che generano confusione e ansia.

Vi chiediamo, inoltre, di non considerare la Scuola esclusivamente sotto l’aspetto gestionale, numerico, o peggio, solo funzionale al sistema economico. Abbiamo preso atto delle ipotesi più fantasiose, dalla “scuola on demand“ alle lezioni domenicali fino ad un ipotetico “recupero” nel periodo estivo. Ma perché dovrebbero recuperare anche le scuole che hanno garantito attraverso una didattica integrata, sincrona ed asincrona, una continuità dell’offerta formativa? Qual è, a questo punto, il senso dell’autonomia scolastica? Tra esami di Stato, recupero debiti, scrutini e attività organizzative e funzionali all’insegnamento, i docenti sono mediamente impegnati anche nei mesi di giugno e luglio. Per non considerare l’inadeguatezza degli  ambienti scolastici, specie nelle Regioni del sud, a causa del caldo e dell’assenza di climatizzazione. Ci rendiamo conto di quanto, a volte, “decisori” e “commentatori ufficiali” siano distanti dalla scuola reale.   Possibile che non si avverta la necessità di discutere e difendere la funzione fondamentale che l’istruzione ricopre soprattutto sul piano educativo e formativo? Possibile che non si rifletta sul fatto che la “comunità educativa” è soprattutto una “comunità di persone” che rivendicano diritti costituzionalmente garantiti? Possibile che la scuola, nel ricordo della dirigenza politica, sia solo infrastrutture e numeri? Nessuno si sta chiedendo quanto i nostri studenti stiano perdendo in termini di qualità di relazioni, di opportunità di formazione, di apprendimento e di crescita della persona. Prendiamo atto di quanto poco l’istruzione, la sanità e altri servizi essenziali abbiano contato nell’agenda politica degli ultimi decenni e quanto poco la “persona” sia stata al centro di ogni decisione.

Auspichiamo che la crisi che stiamo vivendo spinga ad una attenta riflessione sulla centralità della persona così come rimarcato dall’Assemblea Costituente.

Ci sentiamo come tante “Penelope” che tessono la tela organizzativa, funzionale, puntualmente disfatta dai vari livelli decisionali politici ed istituzionali; come se la nostra funzione non fosse tra le priorità di una collettività; come se il nostro lavoro non avesse nessun valore reale e il nostro ruolo fosse una mera concessione.  Ci chiediamo se qualcuno farà mai una disamina delle decisioni prese, sugli eventuali errori commessi, un’autocritica sulla propria e reale capacità di ricoprire ruoli di importanza strategica o, invece, si arroccherà dietro la convinzione che, in fondo, sia pur sempre possibile far pesare su scuola e sanità  l’assenza di una programmazione politica.

Chiediamo soltanto di essere ascoltati come professionisti, perché tali siamo, che fanno della scuola un ambiente di apprendimento e formazione unico e insostituibile».

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