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Il mondo dell’arredo: «Noi chiusi ed in silenzio, ma cittadini indisciplinati rischiano di mandarci in lockdown»

Una lettera aperta per istituzioni e popolazione: «Uscire dall'emergenza è un diritto di tutti, ma anche un dovere del singolo»

«Come tutti sanno, a seguito del nuovo DPCM i negozi di arredamento, come tutte le attività di vendita al dettaglio, potranno riaprire dal 18 maggio. E così di conseguenza potranno ricominciare tutte le operazioni di consegna e montaggio della merce rinchiusa nei magazzini da mesi. Abbiamo ricevuto ipotetiche linee guida per la riattivazione delle dinamiche aziendali interne, che vanno dalle operazioni di sanificazione dei locali predisposti alla vendita al pubblico, agli uffici, e depositi sino alle disposizioni per le corrette procedure post covid19 in quanto trasporto consegna e il montaggio degli arredi all’interno delle abitazioni private e non». E’ l’incipit di una lunga lettera aperta dei rivenditori di arredamenti della Città di Andria. Sono una categoria che potrebbe ricominciare la propria attività ma che in questi due mesi e mezzo di chiusura ha subito inevitabili danni. Una lettera aperta controfirmata praticamente da tutti i referenti e che punta diretta alle istituzioni ed ai cittadini.

«Premesso che quello dell’arredo è un comparto del commercio al dettaglio che non ha particolari rischi di assembramento, che è possibile programmare le visite dei clienti anche su appuntamento, ad orari e giorni prestabiliti, che l’ampiezza degli spazi dedicati all’esposizione non pregiudica in alcun modo le regole ed il rispetto del distanziamento sociale, che non esiste in nessun modo plausibile qualsivoglia rischio sulla salute pubblica, noi esercenti dell’arredamento andriese abbiamo avuto il veto. Oramai il senso di rassegnazione ci segue ovunque: dalla immobilità che dura da mesi alla inconsapevolezza della nostra sorte nelle vendite future, dalla clientela che non accenna a far fede ai contratti stipulati pre emergenza alla spregiudicata attività delle aziende produttrici che si ostinano a voler spedire merce quando le normative vietano a noi di poterle ricevere; del resto la cassa integrazione relega i nostri dipendenti ancora ad un allontanamento forzato dalle proprie mansioni effettive».

«Inoltre le banche, alle quali i nostri governanti ci hanno affidato, sembrano non avere ancora informazioni in grado di sostenere le nostre richieste di credito, concesso solo a voce ma non sulla carta, a causa di fantomatici ritardi burocratici, il tutto condito da una confusione che fa intravedere una lungimirante dilagante disperazione. E tra il crescente rancore dei cittadini delle partite iva che pretendono risposte da chi risposte sembra non averne, sale anche lo scontro sociale su chi pensa di avere più diritti rispetto ad altri. Infatti noi non comprendiamo il motivo per il quale come ultimi della lista ad aprire siamo stati equiparati a altre attività molto più compromettenti della nostra dal punto di vista dell’opportuno distanziamento sociale. E siamo pure pronti con la operatività nell’accoglienza in possesso della disponibilità integrale di tutti i dispositivi necessari per la gestione post emergenziale come da linee guida».

«Se è vero come è vero che la fase 2 prevedeva apertura a date differenziate in base soprattutto alla potenziale diffusione del virus sulla quantità di scambi interpersonali da contatto diretto, perché i nostri negozi che hanno superfici importanti e contatti ridotti alla consultazione di listini e disegni sono stati messi in coda? Ma ingoiamo pure questa pillolina che non cura nemmeno la depressione. Aggiungiamo che questa non vuole essere la solita lamentela comune a tutti coloro che si sono sollevati in massa per pretendere qualcosa dal governo, dalle istituzioni, dalla sorte, ma chi come noi è stato diligentemente fermo alle regole, al rispetto delle indicazioni scientifiche, è da lunedì, nel contempo, spettatore impassibile, dall’interno delle nostre vetrine, di una inconsapevole e incomprensibile forma di inciviltà, di civica alienazione. Accettando, ma non di buon grado, questa necessaria ulteriore restrizione nei confronti delle nostre attività commerciali, ravvisiamo nei nostri concittadini, dietro le serrande chiuse dei nostri negozi, come leoni in gabbia, una assoluta mancanza di responsabilità civile, di una qualsivoglia forma di pudore, miscelata al totale disinteresse del pericolo passato ma quanto mai ancora potentemente attuale».

«Che fosse chiaro sin dall’inizio che chi rientrava in possesso della propria autonomia imprenditoriale più tardi degli altri, avrebbe avuto di fronte la situazione peggiore commercialmente, l’avevamo preventivato, ma ravvisare nel comportamento ignorante e indisciplinato della popolazione una potenziale pericolosissima causa di un nuovo forzato lockdown ancor prima di aprire le nostre attività è veramente triste e desolante. Ci troveremmo come se stessimo passando sotto il traguardo di una gara faticosissima e ci dicessero che dobbiamo ancora fare qualche giro. Non reggeremmo. Nota positiva in tutto ciò? I virtuosi trovano sempre una occasione per evolvere. Le emergenze stimolano le decisioni, le decisioni implicano soluzioni, le soluzioni creano opportunità di crescita, e i rivenditori di Arredamento andriesi crescono. Si… crescono insieme…o almeno ci provano. Abbiamo fatto gruppo, al di la delle sacrosante competizioni sulle vendite, delle legittime resistenze sulla novità del approccio, delle incognite della terza fase dopo il contagio, delle diffidenze sulle dinamiche aziendali differenti ma non opposte, abbiamo trovato nell’emergenza una strada comune che possiamo percorrere, in iniziative, in operazioni, in solidarietà, in comune interesse per la qualificazione ulteriore delle nostre attività oltre che in questo grido di aiuto. Questo è il nostro messaggio comune a tutta la città, a cominciare dalle forze dell’ordine, al commissario prefettizio, alla prefettura, questura e soprattutto ai nostri concittadini. Il design italiano con l’arredamento è quanto mai vessillo della nostra appartenenza alla nazione, ad uno stile, ad un ruolo che abbiamo nei confronti del mondo intero. I negozi di Andria nel loro piccolo sono orgogliosi di rappresentare il design italiano sul territorio, e lo fanno con una eloquenza straordinaria: le nostre esposizioni sempre in ordine, profumate, perfette, ben illuminate, allestite con le migliori aziende del unico vero Made in Italy ancora definito tale, danno lustro alla nostra città: sarebbe un peccato disperdere la indiscutibile qualità delle nostre attività per un errore di valutazione della collettività ottusa. Chiediamo un segnale di solidarietà attraverso un comportamento adeguato al momento: uscire da questa emergenza è un diritto di tutti, ma anche un dovere del singolo nei confronti della comunità».

I Rivenditori di Arredamento di Andria
Di Stefano Nicola – Di Stefano NewMood Arredamenti
Mirko Di Cosmo – Di Cosmo Arredamenti
Riccardo e Francesco Mangini – Mangini Arredamenti
Riccardo Mastrodonato – Mastrodonato Interior & Design
Andrea D’Ercole – D’Ercole Arredamenti
Raffaele Scarcelli – Arte Arredo
Saverio Lorusso – Lorusso Italia Arredamenti
Luigi Rella – Tradizioni Home Project
Tommaso Di Chio- Di Chio Arredamenti
Saverio Lorusso srl Arredamenti
Mario Losito – Tecnoarredi
Giovanni Aruanno – Le Chicche Arredamenti
Nicola D’Azzeo – Arredamenti De Benedictis
Ezio Di Canio – Di Canio Arredaementi
Leo Di Trani – Di Trani Arredamenti
Antonio e Riccardo Conversano – Conversano Arredamenti
Annalisa Di Cosmo – Parentesi Camerette
Ettore e Rossella Strippoli – Strippoli Mobili
Bianchino – BM Arredamenti
Betty Di Chio – Il Loft di Betty
Tangaro Annamaria- Interior 305
Parentesi Camerette Di Cosmo Anna
E tutti coloro che non abbiamo avuto modo e tempo di contattare ma che sono
solidali con noi

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